sabato 17 maggio 2008

"Gomorra" e ricordi


Qualche tempo fa ho letto un libro particolare ed interessante "Gomorra" di Roberto Saviano, che ha suscitato in me riflessioni e ricordi.

Il libro per chi non lo ha letto, fonde in forma di romanzo fatti autobiografici, giornalismo d'inchiesta e analisi sociale per raccontare la realtà della
camorra nelle sue dimensioni economiche, imprenditoriali, sociali ed ambientali. Il romanzo si propone di raccontare i meccanismi del mondo camorrista che dalla Campania e dalla periferia napoletana ha esteso i suoi orizzonti affaristici ad un livello sempre più internazionale, spesso con la complicità di altre organizzazioni criminali e delle classi politiche ed imprenditoriali. Compaiono i nomi dei componenti delle famiglie camorriste più famose e potenti della Campania, quali i Di Lauro, i Nuvoletta, i Casalesi e molti altri.
Particolare soprattutto uno degli ultimi capitoli intitolato "Don Peppino Diana". A qualcuno soprattutto i più giovani ed i più lontani alla realtà campana forse non dice molto. Don Peppino era parroco e cittadino di Casal di Principe (Caserta) ucciso dalla camorra il 19 marzo 1994. (giorno del suo onomastico)

Molti di voi sanno che ho prestato servizio come carabiniere ausiliario nel 1993-94, presso il battaglione 10° Campania a Napoli. Ricorderò per sempre quel mese di marzo. Avevo 20 anni, eravamo in caserma appena rientrati da un servizio di routin quando ci chiamano per intervenire ad una chiamata di emergenza. Non immaginavo che da li a qualche giorno si sarebbe presentato un servizio che avrei conservato per sempre nei miei ricordi più intimi.
Senza sapere dove andavamo e cosa dovevamo fare ci dirigiamo verso i mezzi blindati, solo la destinazione al momento era nota: Casal di Principe. La destinazione non ci aveva allarmato più di tanto visto che vi prestavamo servizio quasi regolarmente in affiancamento alla territoriale. Arrivati sul posto lo scenario era raccapricciante. Don Peppino, il parroco, era stato assassinato all'interno della chiesa con colpi di arma da fuoco che lo avevano colpito anche sul volto. Nelle mie orecchie sento ancora la disperazione della gente comune.
Il ns compito era quello di garantire l'ordine pubblico nella zona e vi assicuro non è stata una cosa facile, sempre allerta per paura di nuovi attentati. Terminati gli accertamenti ed esami delcaso, la salma di Don Peppino è rientrata a Casal di Principe e spettava a noi il compito della sua custodia e piantonamento durante la veglia notturna in attesa dei funerali del giorno seguente, sento ancora nelle mie orecchie la disperazione delle donne della parrocchia.
Terminata la funzione religiosa (era una giornata di sole a Casal di Principe) è spettato ancora a noi il compito della scorta verso il cimitero del paese, insieme ai miei colleghi avevamo creato un cordone umano attorno alla bara che attraversava per l'ultima volta il suo paese. Lenzuola bianche pendevano da balconi e finestre in segno di lutto,.Camminando tra la folla potevo ascoltare diversi stati d'animo: rabbia, disperazione, vergogna, applausi verso chi ha avuto il coraggio di dire "NO" e di certo non potevo immaginare che tra la folla ci fosse l'autore di questo libro, Roberto Saviano, che all'epoca dei fatti aveva 16 anni, e che oggi grazie a lui ho avuto il coraggio di raccontarvi questa mia esperienza, ma soprattutto la figura di questo sacerdote ormai dimenticato nella ns regione e non conosciuto dalle nuove generazioni.
Grazie per l'attenzione che avete prestato a questi miei pensieri, spero che qualche mio ex collega della benemerita, leggendo questa mail voglia contribuire con un ricordo o un pensiero.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Caro Dante, i tuoi ricordi sono profondi e toccanti. Anch'io ho letto questo libro e anch'io, come te, vivendo nella realtà di Napoli, ho sentito un senso di vuoto e di dolore per le vittime e gli orrori. Ma Gomorra è una denuncia per non chiudere gli occhi e noi dobbiamo continuare a credere in questa città.
A presto.