domenica 29 gennaio 2012

convinzione e certezza


"Lascio agli altri la convinzione di essere i migliori, per me tengo la certezza che nella vita si può sempre migliorare"
(anonimo)

The great debaters - il potere della parola


tratto da "Silenzio in Sala" - Torna Denzel Washington in cabina di regia dopo l'esordio nel 2002 con Antwon Fisher: pellicola biografica che lanciò l’attore emergente Derek Luke ma che non raccolse consensi al botteghino. Attore poliedrico e talentuoso (Oscar nel 2002 in Training day di Antoine Fuqua), come regista la strada alla consacrazione del successo è decisamente più tortuosa: le tematiche scelte e il target a cui sono rivolti i suoi film - profondi, di grande levatura intellettuale - li rende capaci di una determinante attrattiva culturale. La sua seconda opera è tratta da una storia vera: Melvin B. Tolson, docente al Wiley College utilizza l’arma bianca della non violenza per antonomasia - la parola - per promuovere la parità razziale tra bianchi e neri. Istituisce così un gruppo di dibattito. Entrare a farne parte è un’impresa ardua: 360 studenti si contendono il titolo di debater, solo 45 arriveranno alla fine e 4 al termine della contesa, comporranno il team più famoso della storia afroamericana.

Anni Trenta. Anni difficili quelli che precedono la prima guerra di secessione americana; i neri del Sud pagano a caro prezzo lo scotto dell’essere "niger" (sporchi, letteralmente). A causa del colore della pelle vengono linciati, vessati, ingiustamente pestati o peggio uccisi fisicamente o moralmente con l’estromissione forzata dalla vita politica economica e sociale del paese, pur essendo parte integrante e fondamentale di quello stesso tessuto socio-economico. Sono gli anni in cui vigono le leggi di segregazione razziale emanate da Jim Crow, ma sono altresì gli anni in cui iniziano a germogliare e a circolare le prime voci di una cultura afroamericana fino ad allora costretta sotto vuoto. Il gruppo eterogeneo per genere e cultura è composto da James Farmer Jr. (Denzel Whitaker), figlio del pastore della comunità; Samantha Booke (Jurnee Smollet), prima donna a far parte del gruppo di dibattito; Henry Lowe (Nate Parker) disadattato, tanto ribelle quanto intraprendente e volitivo; Hamilton Burgess (Jermaine Williams), ragazzo dalla parlantina facile. Ma le parole sono proiettili da maneggiare con cautela: il senso alcune volte si ritorce contro chi non ha saputo farne buon uso. I ragazzi, stimolati ed incentivati dai primi successi, diventano abili oratori e impeccabili ricercatori, sono pronti così per la sfida decisiva: dibattere con i bianchi di Harvard.

The Great Debaters prende le mosse da un articolo apparso nella primavera del 1997 sulla nota rivista American Legacy, mentre cinematograficamente strizza l'occhio a L'attimo fuggente e Il colore viola. Tra resoconto storico e sguardo romanzato, Denzel Washington - calandosi in prima persona nel ruolo del protagonista - ritrae con eccezionali virtuosismi linguistici l’America di chi l’ha subita, di chi ne è rimasto sedotto, di chi è riuscito a cavarsela nonostante tutto. Agevolato dall'accurata ed emozionale sceneggiatura di Robert Eisele, la seduzione della parola inchioda lo spettatore allo schermo, come un bimbo ad un acquario: Eisele ha pescato per il suo pubblico le parole migliori e ne ha fatto un’arma, ben consapevole di come la conoscenza sia sinonimo di potere, ieri come oggi. Contemporaneo di Tolson, Martin Luther King scriveva in quegli anni: "Ho un sogno, che un giorno questa nazione si sollevi e viva pienamente il vero significato del suo credo. Riteniamo queste verità di per se stesse evidenti: che tutti gli uomini sono stati creati uguali". Anche la consapevolezza è potere. L'evidente retorica in superficie non sottrae valore all'opera: prolissa per esigenza, comunque dinamica nello sviluppo e magistralmente interpretata dagli attori. The Great Debaters è una lezione di jazz, blues, violenza, speranza, tolleranza; commovente ed esigente, impone ai suoi fruitori onestà intellettuale, perché qui, come in pochi altri lungometraggi, la parola assume un'importanza prioritaria.

"Bisogna fare quello che si deve per poter fare quello che si vuole"

sabato 28 gennaio 2012

MONEYBALL - L'arte di vincere


articolo tratto da "Millionaire" - gennaio 2012 (di Lucia Ingrosso)

"Forse non sembrate una squadra di vincenti, ma lo siete. Quindi giocate da vincenti!"

E' l'esortazione che il general manager Billy Beane fa ai suoi giocatori, della squadra di baseball degli Oakland Athletics. Billy Beane è un tipo schivo, silenzioso, non particolarmente fortunato. Viene da una famiglia modesta e, grazie al suo talento sportivo, a 18 anni ha la possibilità di ottenere una borsa di studio a Stanford. Lui e la sua famiglia sono felici: un buon college è quello che desiderano di più. Ma poco dopo arriva per Billy la proposta dei Mets di New York, che gli offrono 125 mila dollari per giocare a baseball in squadra. Dirà Beane "Quella è stata l'unica scelta della mia vita che ho fatto per denaro". Andare al college era il suo grande sogno e non esserci riuscito rimarrà un grande rimpianto. Eppure, sarà anche grazie a questo che riuscirà, più avanti, nella sua "impresa". La sua carriera è breve e si spezza per un infortunio a 27 anni. Agli inciampi professionali unisce quelli personali: il suo matrimonio finisce con un divorzio. Preso a calci dalla vita, Beane diventa il general manager degli Oakland Athletics, proprio la squadra in cui aveva chiuso la sua carriera di giocatore. Di sicuro non ha la mentalità da vincente, anzi. Non a caso, preferisce non vedere le partite della squadra allo stadio, con la convinzione di portare sfortuna. Eppure la squadra disputa un buon campionato e conquista un onorevole piazzamento. Peccato che, a fine stagione, il presidente decida di vendere i tre gioielli migliori per risollevare le sorti del bilancio in passivo. Come spesso capita nello sport, e anche nella vita, esiste infatti una netta divisione tra chi ha tanti soldi e chi non ne ha. Gli Oakland Athletics sono una piccola squadra, con pochi fondi e di certo non possono competere con i budget stratosferici di altre squadre potenti come New York Yankees o i Boston Red Sox. E, nonostante i buoni risultati, il suo monte stipendi è il più basso di tutta la Major League. Rabbia e frustrazione si fanno largo in Beane, che sembra a un passo dal gettare la spugna. Ma il destino è in agguato e dietro l'angolo c'è l'incontro che gli cambierà la vita. Nella realtà, conosce Paul DePodesta, un laureato di Harvard alto, magro e bello, che gli presenta un metodo statistico per scoprire talenti a poco prezzo. La teoria rivoluzionaria è una pseudoscienza chiamata SABERMETRICA (dall'acronimo Sabr che sta per Society of American Beseball Research). DePodesta spiega a Beane che non è premiante scegliere giocatori noti e strapagati (che peraltro la squadra non si può permettere). Molto meglio selezionare quelli che, statisticamente, hanno totalizzato i migliori punteggi. "Lo scopo non deve essere comprare giocatori, ma vittorie. Ecco 25 giocatori sottovalutati da tutti. Un'isola dei giocatori difettosi. Qui dentro c'è una squadra che ci possiamo permettere" afferma. A MONTE C'E' UN IMPORTANTE CAMBIAMENTO DI APPROCCIO: UN TEAM VINCENTE NON E' QUELLO CHE HA UNO O PIU' FUORICLASSE, MA TANTI BUONI ATLETI CHE GIOCANO IN ARMONIA.
La Sabermetrica affascinò subito Beane, che cominciò a consultare compulsivamente tutti i tabulati con le statistiche dei giocatori. A realizzarli per primo era stato il guardiano notturno del Kansas, Bill James, che negli anni 70 si autoproduceva ciclostilati sulle statistiche del baseball, mentre controllava i forni in una fabbrica di carbone e fagioli in scatola. Dei suoi "baseball abstracts", Beane conserva religiosamente le copie originali.
"Il problema che dobbiamo risolvere è che ci sono squadre ricche e squadre povere. Ci sono squadre con giocatori di merda. E poi ci siamo noi" fin qui le cattive notizie. Poi Beane prospetta la soluzione: "Qui siamo all'ombra della Silicon Valley. E di certo non è un caso se gli hippy, il Pc, Google, l'iPhone e la Sabermetrica nascono tutti nel nord della California". E così Beane inventa il METODO MONEYBALL. A quel punto, la sfida è convincere il resto della squadra e in particolare l'allenatore Art Howe a pensare in modo diverso. E Billy Beane ha ragione ha fidarsi della Sabermetrica e del Moneyball, cioè tra la relazione tra gioco e denaro. Grazie a giocatori semisconosciuti e sottovalutati e spendendo un quinto delle altre squadre, gli Oakland Athletics vincono 20 partite consecutive, stabilendo un nuovo record e arrivamdo ai playoff (poi persi). La lunga scia positiva vale a Beane l'opportunità di lavorare con i ricchi Boston Red Sox, con un'offerta che l'avrebbe reso il general manager più pagato della storia del baseball. Ma lui rinuncia e rimane per sette stagioni fedele agli Oakland Athletics, che fa giocare ad alto livello. Poi, dopo la pubblicazione del libro, anche le altre squadre cominciano ad usare lo stesso metodo scientifico. E la pacchia finisce...

La lezione di Moneyball per il business
1) ESCI DALLA STRADA BATTUTA - Ogni settore ha ruoli e convenzioni che può valere la pena di sfidare. Per trovare una strada alternativa ai big, occorre individuare il principale elemento di spreco che devono fronteggiare clienti e dipendenti. Chi mette a fuoco il problema e ha le informazioni mirate, può crearsi un vantaggio competitivo.
2) INFORMAZIONI, NON DATI - i dati sono spesso disponibili, l'importante è trasformarli in informazioni utili. A volte è più facile cercare ed elaborare nuovi dati, piuttosto che esaminare quelli di pubblico dominio. L'opportunità migliore per gli imprenditori è quella di ripartire da una lavagna bianca.
3) LA LAUREA (A VOLTE) NON SERVE - Capita che le nozioni siano un limite. Chi non ha troppe sovrastrutture, invece, è più agile e pronto a imparare. Ha scritto Michael Lewis, autore del libro "Moneyball": "La vita di Beane, le sue letture, la scoperta del sistema Moneyball, sono un tentativo di darsi quell'educazione universitaria che non aveva mai avuto.
4) MENO SOLDI E' MEGLIO - A volte è la difficoltà che aguzza l'ingegno. Chi ha budget limitati si trova costretto a compensare con tempo, inventiva, prontezza. E' per questo che sono spesso le aziende con capitali modesti
5) PENSA A CORRERE, PRIMA CHE A VINCERE - Difficile studiare un sistema che dia la certezza della vittoria, perchè sono troppe le variabili in gioco. E infatti Beane aveva focalizzato il suo sistema su un altro elemento: la corsa. E le statistiche mostravano che, in genere, chi corre di più vince di più. Lo stesso vale in azienda: prima che ad avere successo, bisogna puntare a svolgere bene la propria attività

domenica 22 gennaio 2012

il 2012 secondo Virgilio Degiovanni


Oggi voglio condividere con voi questo editoriale che mi ha molto colpito e che si addice molto al periodo che io ed alcuni di voi sta vivendo. Seguo Millionaire e Degiovanni ormai da tanti anni e per me è continuamente fonte di ispirazione e riflessione sul mondo imprenditoriale, del lavoro ed in particolare del franchising, formula alla quale credo molto se fatta in modo serio e professionale (purtroppo sul mercato vediamo tanti franchisor improvvisati). Nella sua vita Degiovanni ha vissuto tanti alti e bassi. Alcune avventure sono state fortunate ed altre meno, ma lui ha sempre avuto il coraggio e la determinazione per ripartire, perchè "non è forte chi non cade mai, ma chi cadendo trova la forza per rialzarsi" e Degiovanni ha saputo rialzarsi sia professionalmente che personalmente. Grazie Virgilio e buon 2012 a te!

tratto dall'editoriale di "Millionaire" gennaio 2012

"Forza, coraggio, si riparte! Non c'è tempo da perdere, non ci sono più lacrime da versare, ed è del tutto inutile attardarsi a recriminare sulle cose che non vanno. Pensiamo in primis a noi stessi! Lo dico proprio così, nel modo più sfrontato, ben sapendo di apparire egoista o menefreghista. Ma non ho tempo per inutili scuse...il tempo mi serve per lavorare. Ovvero per mettere in pratica questa parola che per molti sta diventando sconosciuta, anche se no se ne rendono conto. Negli ultimi 10 anni è proprio il lavoro vero, forte, intenso, costante che è venuto a mancare. Non volendo ammettere che oggi una persona lavora meno ore di prima , e anche con meno impegno, per non parlare dell'assoluto minor entusiasmo, volontà, voglia reale di "fare". Il mondo, ai miei occhi, oggi "vivacchia". Certo, molti tra gli autonomi (e quindi non dipendenti da una sola azienda) hanno diverse attività. Ma già qui sbagliano, come ho sempre detto. Meglio fare una cosa ma farla bene, anzichè diverse...fatte tutte quante male o comunque non al massimo di se stessi. E' vero, mancano i soldi, ed è un problema per tutti. Ma, permettetemi, per voi che leggete "Millionaire", quando mai ci sono stati i soldi piovuti dal cielo o dalle banche? Per me mai. I soldi, la gente come noi, se li deve "faticare", ovvero se li deve guadagnare col puro frutto del proprio lavoro...Siamo persone un pò speciali, che vedono il mondo in positivo e che sanno di poterlo risollevare solo con l'aiuto delle proprie braccia. E allora, rimbocchiamoci le maniche. Buon 2012" (Virgilio Degiovanni)

sabato 21 gennaio 2012

"Le prime luci del mattino" di Fabio Volo


Seguo Fabio Volo ormai da diversi anni: come dj alla radio, come attore e come scrittore e devo dire che lo apprezzo proprio in quest'ultima veste. Ho letto tutti i suoi libri, ed ogni libro mi ha lasciato qualcosa. Uno scrittore attraverso il suo romanzo cerca di trasmettere al lettore un messaggio particolare che spesso nasce dalla sua esperienza vissuta o qualcosa che lo ha colpito particolarmente. Il lettore, invece, per poter entrare nel tema del libro deve aver vissuto direttamente le esperienze trattate nel volume; quindi il coinvolgimento dipende dal momento in cui ci si accinge nella lettura del libro (età, condizione sociale). Mi spiego meglio: il libro parla di una coppia che non vive più serenamente il loro rapporto matrimoniale (o forse non lo hanno mai vissuto) e così iniziano una serie di dinamiche, nel mio piccolo sono riuscito ad entrare nella testa della protagonista in quanto all'età di 38 anni e da 7 anni sono sposato e spesso mi sono rivisto in alcune dinamiche di coppia, che sono sicuro non essere solo le mie. Quindi leggendolo ho trovato (come spesso accade) una mia "chiave di lettura" diversa da chi, magari lo legge a 25 anni in una condizione di scapolo/nubile.
Dal mio punto di vista (ho letto diverse recensioni su questo libro nei vari blog e siti, spesso solo un "copia/incolla") ritengo che "Le prime luci del mattino" non sia il romanzo più bello di Fabio Volo. Nel libro ci si dilunga troppo (forse è proprio questa la volontà dell'autore) nelle varie descrizioni erotiche che accompagnano la storia d'amore che infiamma la protagonista con il suo amante, descrizioni ripetute e ripetitive che non fanno scorrere il romanzo; e sinceramente sono andato avanti con la lettura solo per dovere intellettuale cercando di capire il "perchè" di tale descrizione analitica.
Al di là di questa mia riflessione, ritengo che il libro sia ben scritto ed all'interno vi siano riflessioni profonde, frasi che penetrano nell'animo del lettore e che rafforzano quanto si è appena letto. Un libro che apre la porta al futuro anche quando il futuro sembra già scritto da abitudini e quotidianità e preconcetti. Chiudo questa mia breve riflessione citando uno dei passaggi che più mi è piaciuto:

"Nella vita ci sono attimi, istanti, frazioni di secondo in cui un "no" può diventare un "si". Per anni ho aspettato che la vita cambiasse, invece ora so che era lei ad aspettare che cambiassi io " (F.Volo)

LE PRIME LUCI DEL MATTINO - Elena non è soddisfatta della sua vita. Il suo matrimonio si trascina stancamente, senza passione nè curiosità. Suo marito è diventato quasi un fratello: "Non viviamo insieme, insieme ammazziamo il tempo. Abbiamo stupidamente pensato che due infelicità unite potessero dar vita ad una felicità". Ha sempre deciso in anticipo come doveva essere la sua vita: la scuola da fare, l'università, l'uomo da sposare...perfino il colore del divano. E' diventata moglie ancor prima di diventare donna. Finchè un giorno sente che qualcosa inizia a scricchiolare. La passione ed il desiderio si affacciano nella sua quotidianità, costringendola a mettersi in discussione. Elena si rende conto che un altro modo di vivere è possibile. Forse lei si merita di più, forse anche lei si merita la felicità. Basta solo trovare il coraggio di provare, di buttarsi, magari di sbagliare....

venerdì 20 gennaio 2012

Harry Potter


"Sono le scelte che facciamo che mostrano quel che siamo veramente, molto più delle nostre capacità"
(Harry Potter II)

Sognatore...di E.Flaiano


"Sognatore è un uomo con i piedi fortemente appoggiati sulle nuvole".
(Ennio Flaiano)

venerdì 13 gennaio 2012

Facile è...


"Facile è riempirsi la bocca di belle parole, difficile è riempire la propria vita di coerenza e buone azioni verso il prossimo".
(Dante D'Alfonso)

domenica 8 gennaio 2012

"I sogni dei bambini" di Sergio Bambarén


Sergio Bambarén è sicuramente uno dei miei autori preferiti. L'autore australiano mi ha tenuto compagnia con i suoi racconti da 12 anni e con lui ho attraversato delle tappe importanti nella mia vita professionale e personale. I suoi romanzi sono stati per me fonte di ispirazione e riflessione. Non parliamo di grandi volumi con tante pagine, ma di pagine che ti entrano nel cuore. Questo blog, "IL FARO", è stato ispirato da uno dei suoi romanzi "Il guardiano del faro" ed anche lo slogan che lo accompagna: "I veri sognatori sono molto profondi e amanti del divertimento...cuori contenti, eppure mai soddisfatti, maturi, ma ancora desiderosi di crescere..." (S.B.).
I SOGNI... in ogni libro di Bambarén vengono menzionati, quasi (senza quasi) ad essere una guida importante nella nostra vita, un "faro" appunto nella nostra esistenza, ai quali dobbiamo far sempre riferimento. La vita alcune volte (spesso) ci distoglie dai nostri sogni e dai nostri obiettivi, alcune persone ci fanno credere che i nostri sogni sono impossibili, inaccessibili, superflui, perchè le cose "importanti della vita" sono altre...
Sergio Bambarén, in questo libro, torna a parlare di SOGNI; dei sogni che fanno i bambini, e che poi crescendo, spesso sono costretti a chiudere in un cassetto per far posto alle "esigenze quotidiane". Ma i sogni non possono stare chiusi... ed alcune volte tornano sotto forma di seconda opportunità come appunto viene raccontato in questo romanzo. Significativa è questa frase che riporto e che sintetizza e rafforza quanto scritto sopra: "Bada a come vedi il mondo Chuck, perchè esso è esattamente come appare ai tuoi occhi. Rinuncia alle tue conoscenze, e altre ne giungeranno. Non aspettare la prossima opportunità: quella che ti è stata offerta potrebbe essere l'ultima...quella a cui aneli da tanto tempo, senza nemmeno saperlo. Quella che ti consentirà di cambiare in meglio la tua vita".

I SOGNI DEI BAMBINI - Un uomo sfreccia in autostrada a bordo della sua Porche fiammante, diretto a un importante incontro di lavoro. A un tratto una telefonata lo distrae, la voce del navigatore si perde in sottofondo e l'auto imbocca l'uscita sbagliata. Si ritrova così nella zona più povera della città, proprio nel quartiere da cui era fuggito giurando di fare fortuna per non mettervi più piede. Confuso e spaventato, con il cuore in subbuglio e la testa che gira, è costretto a fermarsi davanti a una vecchia casa. Mentre perde i sensi, vede la porta aprirsi, poi tutto diventa nero. Al risveglio, apre gli occhi in un mondo diverso, e si trova faccia a faccia con ... se stesso. Ma è un se stesso migliore: quello che sarebbe diventato se nella vita avesse scelto di seguire un'altra strada. Se avesse capito che la felicità non nasce dal denaro e dal successo materiale, bensì dall'amore per le cose semplici, dal calore di una famiglia, dalla serenità interiore. Valori che i suoi genitori gli avevano trasmesso ma lui aveva dimenticato, e che ora ritrova nelle stanze della sua casetta di un tempo. Così, a poco a poco, l'uomo riscopre dentro di sé il bambino felice che era allora. Sono passati tanti anni, però i suoi sogni più autentici sono rimasti gli stessi. Sono i sogni dei bambini, che non muoiono mai... Una storia originale, lieve e profondamente toccante al contempo, che Sergio Bambarén racconta con ispirata maestria. Un emozionante viaggio nella memoria che fa rivivere i valori più puri e sinceri, quelli dell'infanzia, svelandoci il segreto per essere davvero felici.

"A volte i sogni si dimenticano, o addirittura si perdono nella quotidianità. Ma non muoiono mai. Forse è per questo che, con il passare degli anni, si riaffacciano alla mente quelli che abbiamo coltivato da giovani, e che non abbiamo realizzato. Ogni tanto, però, ci viene offerta un'occasione unica: l'opportunità di rimediare, e trasformare in realtà quei desideri smarriti lungo il cammino".

Sergio Bambarén è un autore australiano, nato in Perù e vissuto molti anni negli Stati Uniti. Esperto surfista, sensibile alle battaglie ecologiste per la salvaguardia dei mari, ha scritto libri di grande successo, che evocano promontori sconosciuti, brezze d'oceano e cieli d'un azzurro assoluto. E' stato in Portogallo, in una meravigliosa spiaggia circondata da foreste di pini chiamata Guincho, che Sergio Bambarén ha scoperto il significato profondo dell'esistenza e ha trovato un amico davvero speciale: un delfino solitario che gli ha ispirato il primo romanzo, "Il Delfino", pubblicato a sue spese nel 1996.Improvvisamente ogni cosa è cambiata nella sua vita: in Australia Il Delfino ha venduto più di 60.000 copie. Attualmente è stato tradotto in più di 25 lingue comprese il russo, il cantonese e lo slovacco. La conoscenza dell'ambiente marino e la volontà di salvaguardare i cetacei, hanno reso Sergio Bambarén vice-presidente dell'Organizzazione Ecologica Mundo Azul (Blue World), e lo hanno spinto a viaggiare continuamente, nello sforzo costante di preservare gli oceani e le creature che li abitano. http://www.sergiobambaren.com/bambaren.htm

mercoledì 4 gennaio 2012

Jovanotti


"Qual è il tuo aspetto?... Meno sereno di un tempo, ma non per questo stanco"
(Jovanotti- Tanto)