domenica 20 marzo 2016

"NOI GLI UOMINI DI FALCONE" di Angiolo Pellegrini

Voglio iniziare questo mio commento al libro con una trascrizione dell'intervista che il Gen.Pellegrini ha rilasciato in occasione di una presentazione del libro (intervista che trovate in fondo a questo commento):

Giornalista: "Generale, perché l'esigenza di scrivere il libro adesso, dopo tanti anni?"
Gen.Pellegrini: "Perché mi sono accorto che i giovani non consocino la storia d'Italia, e quel periodo che va dal 1980-1985 è un periodo importante per la Storia d'Italia. Quando abbiamo visto le organizzazioni mafiose tentare la scalata allo Stato…"

La prima volta che la "mafia" è entrata nella mia vita (e di quella dei miei coetanei, classe 1973) ero un ventenne che viveva in una regione tranquilla, l'Abruzzo, lontana dalle dinamiche mafiose che con il tempo avrei imparato a conoscere attraverso libri e media. 
Era il 23 maggio 1992 e "Cosa Nostra" aveva messo in atto un attentato che avrebbe scosso per decenni le coscienze dell'opinione pubblica su questo argomento, facendo esplodere un pezzo di autostrada a Capaci (Palermo) e provocando la morte del magistrato Giovanni Falcone, sua moglie e gli agenti della scorta. Le immagini di quel tratto di strada squarciato sono ancora vive nei nostri occhi e nei nostri cuori. Così come sono nei nostri cuori le immagini di un altro attentato, quello del 19 luglio 1992 dove un altro magistrato Paolo Borsellino, viene ucciso con la stessa ferocia e barbaria.
Di loro, all'epoca, sapevo che facevano parte di un "pool di magistrati" che hanno combattuto "Cosa Nostra", la mafia. Ma quando è iniziata questa "guerra"? Chi sono stati i protagonisti? Quanti e quali morti ci sono stati in questi anni?

A queste domande il Generale Angiolo Pellegrini da delle risposte, e come Uomo dell'Arma dei Carabinieri lo fa con i fatti. Negli anni ottanta era Capitano ed era stato assegnato alla sezione anticrimine; una figura la sua come quella di tanti servitori dello Stato che hanno operato lontano dai riflettori con tanti sacrifici e pericoli, ed in molti casi assassinati durante lo svolgimento del loro dovere che per molti era una vera "missione di vita"
Un libro di storia, come scrive il Generale. Un libro che ci farà entrare in un'altra epoca, lontana sia per il tempo che per l'ambientazione, la Sicilia; molto spesso tenuta lontana dal resto d'Italia. Un libro che risponderà in parte a questa frase: "La guerra che ci impedirono di vincere" 

Un ringraziamento al collega ed amico Massimo B. che mi ha consigliato la lettura di questo libro di storia, della nostra storia italiana.
Buona lettura

NOI GLI UOMINI DI FALCONE (La guerra che ci impedirono di vincere) - S&K :Palermo, gennaio 1981. Il capitano Angiolo Pellegrini assume il comando della sezione Anticrimine dell'Arma dei carabinieri. Un ruolo scomodo: la mafia in Sicilia ha seminato una lunga scia di cadaveri eccellenti e tiene l'isola sotto scacco. Molto più di quanto si voglia ammettere. Unica speranza, un giudice palermitano che con alcuni colleghi ha fatto della lotta alle cosche la sua missione: Giovanni Falcone. Ha bisogno però di uomini fidati che portino avanti le indagini a modo suo. E Pellegrini non si tira indietro: mette insieme una squadra di fedelissimi – la banda del «capitano Billy The Kid» – e va a infilare il naso dove nessuno ha mai osato, guadagnandosi l'amicizia e la stima del magistrato. Mentre i viddani di Totò Riina e Binnu Provenzano falcidiano a colpi di kalashnikov le vecchie famiglie, carabinieri, polizia e magistrati si alleano in un'azione congiunta che culmina nel rapporto dei 162 e nell'estradizione di Tommaso Buscetta. Il maxiprocesso potrebbe essere il colpo decisivo, e invece… Questo libro ricostruisce dall'interno, a ritmo serrato, il periodo più drammatico ed eroico della guerra a Cosa Nostra: quello che vide uno sparuto gruppo di uomini coraggiosi combattere davvero e dare nuova speranza alla Sicilia; ma anche quello che vide cadere Dalla Chiesa, D'Aleo, Chinnici, Cassarà, Montana. Forse inutilmente, perché il vero nemico rimase senza volto: un oscuro, ambiguo potere politico che prima negò mezzi, risorse e possibilità, e poi smantellò la squadra. In fondo, a voler vincere quella guerra, erano davvero in pochi.

ANGIOLO PELLEGRINI:(Roma 1942), generale dell'Arma dei Carabinieri, è stato comandante della sezione antimafia di Palermo dal 1981 al 1985. Come uomo di fiducia del pool, ha portato a compimento le più importanti indagini nei confronti di Cosa Nostra, che racconta qui per la prima volta.

Guarda l'intervista (tratta da "GLOBUS Magazine):



venerdì 18 marzo 2016

Fiumi...

[...] mi viene solo in mente quella storia dei fiumi, [...] e al fatto che si son messi lì a studiarli perché giustamente non gli tornava 'sta storia che un fiume, dovendo arrivare al mare, ci metteva tutto quel tempo, cioè scelga, deliberatamente, di fare un sacco di curve, invece di puntare dritto allo scopo, [...] c'è qualcosa di assurdo in tutte quelle curve, e così si sono messi a studiare la faccenda e quello che hanno scoperto alla fine, c'è da non crederci, è che qualsiasi fiume, [...], prima di arrivare al mare fa esattamente una strada tre volte più lunga di quella che farebbe se andasse diritto, sbalorditivo, se ci pensi, ci mette tre volte tanto quello che sarebbe necessario, e tutto a furia di curve, appunto, solo con questo stratagemma delle curve, [...] è quello che hanno scoperto con scientifica sicurezza a forza di studiare i fiumi, tutti i fiumi, hanno scoperto che non sono matti, è la loro natura di fiumi che li obbliga a quel girovagare continuo, e perfino esatto, tanto che tutti, dico tutti, alla fine, navigano per una strada tre volte più lunga del necessario, anzi, per essere esatti, tre volte virgola quattordici, giuro, il famoso pi greco, non ci volevo credere, in effetti, ma pare che sia proprio così, devi prendere la loro distanza dal mare, moltiplicarla per pi greco e hai la lunghezza della strada che effettivamente fanno, il che, ho pensato, è una gran figata, perché, ho pensato, c'è una regola per loro vuoi che non ci sia per noi, voglio dire, il meno che ti puoi aspettare è che anche per noi sia più o meno lo stesso, e che tutto questo sbandare da una parte e dall'altra, come se fossimo matti, o peggio smarriti, in realtà è il nostro modo di andare diritti, modo scientificamente esatto, e per così dire già preordinato, benché indubbiamente simile a una sequenza disordinata di errori, o ripensamenti, ma solo in apparenza perché in realtà è semplicemente il nostro modo di andare dove dobbiamo andare, il modo che è specificatamente nostro, la nostra natura, per così dire, cosa volevo dire?, quella storia dei fiumi, sì, è una storia che se ci pensi è rassicurante, io la trovo molto rassicurante, che ci sia una regola oggettiva dietro a tutte le nostre stupidate, è una cosa rassicurante, tanto che ho deciso di crederci, e allora, ecco, quel che volevo dire è che mi fa male vederti navigare curve da schifo come quella di Couverney, ma dovessi anche andare ogni volta a guardare un fiume, ogni volta, per ricordarmelo, io sempre penserò che è giusto così, e che fai bene ad andare, per quanto solo a dirlo mi venga da spaccarti la testa, ma voglio che tu vada, e sono felice che tu vada, sei un fiume forte, non ti perderai...
(A. Baricco - City)

Ringrazio Domenico S per aver condiviso questa riflessione su FB