venerdì 8 maggio 2015

Calma...

"La Calma è la virtù dei forti?… No la Calma è la virtù di chi non ha un'alternativa…" 
(Dante D'Alfonso)

domenica 3 maggio 2015

"FLESSIBILITA' vs PRECARIETA' " di Francesco Rotondi e Filippo di Nardo

Il tema del lavoro è da sempre un "tema caldo" nel nostro Paese, negli ultimi anni, complice la crisi, ancora di più. C'è da qualche anno una difficoltà che coinvolge sia il mondo delle imprese sia quello dei lavoratori; ma c'è anche un uso improprio (in alcuni casi illegale) di alcuni contratti di collaborazione professionale, ma soprattutto in generale c'è molta confusione sulle varie tipologie contrattuali: mansioni, retribuzioni ed orari di lavoro.
Francesco Rotondi e Filippo Di Nardo nel loro libro "FLESSIBILITA' vs PRECARIETA' " provano a fare chiarezza proprio su queste due definizioni, usate nel tempo, in modo errato, come "sinonimi".

"… Su Wikipedia il concetto di FLESSIBILITA' è spiegato in questo modo: "la flessibilità si riferisce alla situazione in cui il lavoratore muta più volte il datore di lavoro". Se pensiamo che dietro questo concetto ci sia in realtà l'idea che il frequente cambiamento di datore di lavoro nell'arco della vita professionale si porti dietro una prospettiva di miglioramento delle competenze, di miglioramento retributivo e di miglioramento dello status sociale, sarà difficile attribuirgli un significato di precarietà.
E' altresì ovvio che il principio di flessibilità rischia di degenerare nella precarietà quando manca la continuità nella vita professionale e soprattutto quando viene a mancare un reddito adeguato alla pianificazione della propria vita. Così intesa rappresenta una degenerazione  del concetto di flessibilità, una sorta di deviazione  dal "principio sano". In questo senso, la flessibilità non va demonizzata, ma va regolamentata nella sua fase di criticità. Ossia la fase di "uscita".
Ma cosa si intende per PRECARIETA' ? Partiamo, anche in questo caso, dalla definizione di Wikipedia: "E' definita come caratteristica e condizione di ciò che è precario, instabile, incerto". Abbiamo centrato il tema e la differenza tra i due concetti. FLESSIBILITA' e PRECARIETA' sono decisamente concetti diversi. La precarietà se la guardiamo da un punto di vista oggettivo è lo status di chi non ha un altro soggetto che gli garantisca qualcosa. Se lo guardiamo da un punto di vista soggettivo è una condizione molto vicina al timore, alla paura dell'ignoto, all'incubo dell'incertezza.
La distinzione tra flessibilità e precarietà, quindi è fondamentale per capire di cosa stiamo parlando in tema di nuovo mercato del lavoro, mentre persiste tutt'ora una pericolosa e infruttuosa sovrapposizione tra i due concetti. Credo sinceramente che pochi lavoratori possano tranquillamente ritenersi "non precari" per il solo fatto di avere un contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato. La flessibilità e la precarietà riguardano TUTTI e prescinde dalla condizione contrattuale. Per curare il male, ossia la precarietà, non bisogna far morire il paziente, ossia la flessibilità. Il male non è la flessibilità, di per se positiva e comunque condizione necessaria degli assetti produttivi dei nostri tempi, ma la sua degenerazione in forma di precarietà… Il punto è costituire un moderno sistema di tutela per renderla sostenibile socialmente… (cit pag 16)"

Quando si parla di Flessibiltà il pensiero va (erroneamente) solo al mondo dell'impresa che cerca la flessibilità della forza lavoro per gestire al meglio sia i periodi di picchi lavorativi che quelli di crisi dove invece c'è bisogno (giustamente) di razionalizzare ed ottimizzare i costi. Ma la Flessibilità può e deve essere desiderata anche dal lavoratore che magari vuole fare nuove esperienze professionali, migliorare la propria posizione lavorativa e retributiva, reinventarsi in nuovo mestiere; soprattutto oggi che il mercato del lavoro richiede nuove figure professionali e nuovi modelli organizzativi. Fin qui tutto logico, bello e sicuramente troppo teorico…
La realtà è un'altra. Oggi, un lavoratore che vuole essere flessibile deve investire e "rischiare" tutto da solo. Non esistono politiche sociali e lavorative attive che diano supporto (organizzativo ed economico) al lavoratore; vediamole nello specifico.
Un lavoratore (attivo) che vuole essere "flessibile" deve attuare una vera "strategia professionale" che si compone di:
- analisi e bilancio delle proprie competenze
- individuare la nuova area di interesse professionale
- sostenere corsi di formazione per acquisire nuove competenze tecniche
- scrivere il nuovo C.V.
- cercare un nuovo impiego
Non esiste oggi, una struttura pubblica o convenzionata che supporti il "lavoratore flessibile" in questo percorso. Bisogna rivolgersi a strutture aziendali/consulenti che professionalmente svolgono questo mestiere ed aiutano il lavoratore in questo percorso lungo e impegnativo sia dal punto di vista psicologico ed economico perché il tutto è pagato solo ed esclusivamente dal lavoratore che se non può permetterselo è costretto a restare in un angolo, in balia della sorte, senza avere la possibilità di gestire il proprio percorso professionale.
Mi auguro che la seconda fase del "Jobs act" prenda in esame i punti che ho esposto in modo da trasformarci tutti da lavoratori "passivi" a lavoratori "attivi e flessibili" come avviene oggi in altri Paesi.

Scheda del libro
"FLESSIBILITA' vs PRECARIETA' " - Il Jobs Act du Matteo Renzi da che parte sta? (2015 ed. Rubettino) - La confusione regna sovrana quando si parla di LAVORO. Prevale la propaganda a scapito della ragionevolezza e della comprensione dei reali processi in atto nell'economia e nei modelli di organizzazione del lavoro. In questo caos mediatico posizioni largamente minoritarie nel Paese trovano terreno fertile per affermarsi come idee prevalenti. E' passato il messaggio "sbagliato", ossia l'equiparazione di due concetti profondamente distinti ma rappresentati, soprattutto nel "circo mediatico", come sinonimi e intercambiabili: parliamo di flessibilità e precarietà. Qualsiasi rapporto o contratto di lavoro atempo è identificato con l'aggettivo "precario" senza nessun distinguo. Non esiste più il concetto di flessibilità ma solo quello di precarietà che l'ha fagocitato e metabolizzato. La realtà però è un'altra. Flessibilità e precarietà non sono sinonimi ma concetti contrapposti. La flessibilità è positiva ed è distinta dalla precarietà. Questo libro spiega perché, con l'ambizione di riaffermare le giuste differenze.

Gli autori
FRANCESCO ROTONDI - Avvocato, giuslavorista, docente di diritto del lavoro è socio fondatore di LABLAW Studio Legale. La sua esperienza si focalizza nel settore del diritto del lavoro, nelle RELAZIONI industriali e nelle relative controversie. Artefice dell'implementazione del lavoro interinale in Italia, assiste alcune delle più importanti multinazionali presenti nel nostro Paese.

FILIPPO DI NARDO - giornalista specializzato sui temi del lavoro. Direttore responsabile di KONGnews.it e già direttore responsabile del bimestrale human Training, ha collaborato con Italia Oggi, Europa e Technopolis. Autore televisivo di Eureka, formar di Walter Passerini, in onda su Telelombardia e realizzato in collaborazione con La Stampa, ha scritto numerosi saggi sul lavoro tra cui per Rubettino: "McJob. Il LAVORO DA McDonald's Italia e Networkers".