lunedì 23 agosto 2010

"The blind side" - il film


Ieri, in una notte d'estate ho visto in dvd un bellissimo film, tratto da una storia vera. Da sempre sono un appassionato di film a sfondo sportivo profondi che lasciano un messaggio, un insegnamento, uno spunto per proseguire il nostro cammino su questa strada chiamata "vita". Questo film è uno di questi, trascinando da una grandissima Sandra Bullock. Che dire di più buona lettura e buona visione...

tratto da:http://www.mymovies.it
THE BLIND SIDE - Michael Oher, detto Big Mike per la sua imponente statura, è un adolescente della periferia di Memphis, abbandonato a se stesso da un padre sconosciuto e una madre tossicodipendente. Quando un suo amico lo introduce all'allenatore della Wingate Christian School come giovane promessa dello sport, questi fa di tutto perché Big Mike venga accettato dalla scuola a dispetto degli scarsi risultati ottenuti nei test attitudinali. Questo ragazzone di colore solitario e silenzioso che pulisce la palestra dopo ogni incontro sportivo e indossa sempre la stessa t-shirt, attira le attenzioni della famiglia Tuohy e in particolare di Leigh Anne, risoluta arredatrice dal cuore d'oro e dall'abbigliamento impeccabile, che una sera decide di accoglierlo sotto il suo tetto.Il blind side è la “zona cieca” dello spazio visivo, quella parte dell'orizzonte che sfugge anche alla coda dell'occhio e che rappresenta il nostro lato indifeso, quello più esposto ad un possibile attacco. In termini di competizione, il cinema americano è quello più attento a non lasciare niente scoperto durante la fase di gioco, ad adempiere con la stessa forza l'attacco e la difesa, la logica dell'intrattenimento e la solidità della struttura. Ma questo istinto a tutelare tanto lo spettacolo quanto la morale ed appagare i sensi così come la coscienza, è il principio di forza di tutte le espressioni della cultura popolare americana, non ultima, ovviamente, quella sportiva. Ed è così che una storia vera ed estremamente recente tratta dalla cronaca dello sport più americano che ci sia, il football, permette di tornare a far splendere il fulgore dell'American Dream. The Blind Side fa uso della stessa metafora che racconta: il gigante buono Michael Oher impara a difendere il quarterback e la sua squadra attraverso la scoperta degli affetti familiari e sfruttando un innato istinto protettivo e una fisicità adatta al ruolo; allo stesso modo il regista John Lee Hancock (Alamo – Gli ultimi eroi, Un sogno, una vittoria) sfrutta la struttura più edificante del cinema istituzionale e l'innata predisposizione del grande pubblico per salvaguardare il suo film da ogni possibile attacco di cinismo o disillusione. Ad un primo tempo più drammatico improntato sulle questioni sociali e sulle sfortune e le miserie di Michael, ne segue un altro riguardante la formazione sportiva del ragazzo e l'integrità dell'umanitarismo alto-borghese della repubblicana e cristiana di ferro Leigh Anne e della famiglia Tuohy.In questo ibrido apertamente piacione fra sguardo minimal-misericordioso à la Sundance e storia mainstream di redenzione sportiva, si rappresenta l'emblema della nuova ideologia repubblicana: un modello aggiornato della vecchia famiglia devota e altruista delle illustrazioni di Norman Rockwell, in cui il padre ex-atleta è proprietario di ristoranti fast food, la mamma ex-cheerleader è un'elegante signora con porto d'armi e i figli sono perfettamente educati e simpatici. In opposizione tanto alla crudeltà patinata di American Beauty quanto al conservatorismo idealista e libertario di Clint Eastwood, la famiglia Tuohy di The Blind Side dimostra la buona fede della propria filantropia e la capacità di scherzare sul proprio credo politico (“Chi l'avrebbe mai detto che avremmo avuto un figlio nero prima di conoscere un democratico?” si domanda ironicamente il padre di fronte alla situazione), ma senza mai apparentemente interrogarsi sulle ragioni che sottostanno alle iniquità sociali contro cui si mobilitano. Anzi, lasciando quasi intendere che ci sia una certa idea di predestinazione nel sogno americano: chiunque merita una possibilità e chiunque può farcela, ma meglio se si è grandi e grossi come Michael o come l'industria del cinema.

domenica 8 agosto 2010

"Che cos'è lavorare con amore?..." di K.Gibran


Dedicato alla memoria ed in ricordo del Direttore Alfonso Tatullo, della maestra Annamaria (la mia mamma), della maestra Carmela, e di tutti di INSEGNANTI con la "I" maiuscola che ho avuto la fortuna di incontrare sul mio cammino. Grazie.

tratto da "IL PROFETA" di Khalil Gibran

E cos'è lavorare con amore?

E' tessere un abito con i fili del cuore,
come se dovesse indossarlo il vostro amato.
E' costruire una casa con dedizione
come se dovesse abitarla il vostro amato.
E' spargere teneramente i semi e mietere il raccolto con gioia,
come se dovesse goderne il frutto il vostro amato.
E' diffondere in tutto ciò che fate il soffio del vostro spirito,
E sapere che tutti i venerati morti stanno vigili intorno a voi.

Spesso vi ho udito dire, come se parlaste nel sonno:
"Chi lavora il marmo e scopre la propria anima configurata nella pietra,
è più nobile di chi ara la terra.
E chi afferra l'arcobaleno e lo stende sulla tela in immagine umana,
è più di chi fabbrica sandali per i nostri piedi".
Ma io vi dico, non nel sonno ma nel vigile e pieno mezzogiorno,
il vento parla dolcemente alla quercia gigante come al più piccolo filo d'erba;
E che è grande soltanto chi trasforma la voce del vento
in un canto reso più dolce dal proprio amore.
Il lavoro è amore rivelato.
E se non riuscite a lavorare con amore,
ma solo con disgusto, è meglio per voi lasciarlo e,
seduti alla porta del tempio,
accettare l'elemosina di chi lavora con gioia.

Poiché se cuocete il pane con indifferenza,
voi cuocete un pane amaro,
che non potrà sfamare l'uomo del tutto.
E se spremete l'uva controvoglia,
la vostra riluttanza distillerà veleno nel vino.
E anche se cantate come angeli,
ma non amate il canto,
renderete l'uomo sordo alle voci del giorno e della notte.