sabato 29 settembre 2012

"Siamo tutti strambi" di S.Godin

Per decenni le aziende, attraverso le società o divisioni di "marketing" ci hanno trasformati da individui singoli e pensanti, con esigenze personalizzate a persone appartenenti alla categoria "MASSA", con bisogni e desideri comuni. Le aziende così potevano nel tempo produrre pochi beni e servizi che soddisfavano tutti i desideri o bisogni della "massa".
Con il passare degli anni poche aziende hanno conquistato quote di mercato sempre più grandi imponendosi come "leader indiscussi". Alcune volte il brand stesso e divenuto sinonimo del nome del prodotto stesso.
Se ci pensiamo, ognuno di noi,  chi più chi meno, viene influenzato dalla pubblicità. Se pensiamo all'iPhone, lanciato come bene di nicchia è diventato un bene di massa.
Negli ultimi anni (o prima non ce ne siamo accorti) però qualcosa sta cambiando e le persone  si stanno staccando dalla "massa" e si stanno riscoprendo "persone singole" dove ciascuno ha il proprio bisogno/desiderio e cerca un prodotto/servizio specifico e personalizzato, e con questa filosofia cambiano anche le tecniche di marketing.
Con il libro "Siamo tutti strambi", l'autore Seth Godin ci lancia una nuova parola d'ordine: "oggi per vendere un prodotto, diffondere un'idea o comunicare un brand bisogna parlare proprio agli strambi, confrontarsi con loro e - perchè no? - diventare strambi".
Un ringraziamento all'amico Massimo B che mi ha suggerito questo interessantissimo libro.

SIAMO TUTTI STRAMBI - La MASSA fiduciosa e indifferenziata che per decenni ha comprato di tutto senza pensarci troppo si è estinta. L'uomo-medio, il NORMALE tanto amato dalle aziende di tutto il mondo, è scomparso e le "variazioni rispetto alla media" si moltiplicano alla velocità della luce. E' iniziata l'era degli STRAMBI, quelli che si organizzano in tribù, si sentono diversi e si ostinano a voler scegliere che cosa piace a loro e cosa no. La rivoluzione digitale li ha fatti crescere e proliferare, rendendo più forte la loro voce. Ora nel mondo ci sono milioni di di gruppi i cui membri rispettano, ammirano e sostengono idee e comportamenti che gli "esterni" considerano strambi, ma che ai loro occhi sono null'altro che la normalità (la loro normalità). Eccoli, i nuovi RICCHI: non necessariamente chi ha tanti soldi in tasca, ma chi è consapevole di avere libertà di scelta. E vuole sfruttarla fino in fondo. L'autore de "La mucca viola" lancia una nuova parola d'ordine: oggi per vendere un prodotto, diffondere un'idea o comunicare un brand bisogna parlare proprio agli strambi, confrontarsi con loro e - perchè no? - diventare strambi. (www.sethgodin.com)



Introduzione al libro: "L'elefantessa incinta"
Linda Kaplan, una leggenda nel mondo della pubblicità, racconta la storia di uno zoo del Belgio che navigava in cattive acque a causa di una drastica riduzione del numero dei visitatori. La concorrenza di fonti di divertimento e svago sempre nuove aveva inferto un duro colpo al giardino zoologico. Il pubblico calava ma le spese no, perchè non si poteva smettere di nutrire e curare gli animali.
Poi, a un certo punto, l'elefantessa rimase incinta. E qui entrarono in azione  i geni delle relazioni pubbliche. Anzitutto, postarono su YouTube un'ecografia dell'elefantino, poi lanciarono sondaggi e concorsi (maschio o femmina?). Si riuscì ad attrarre grande attenzione sull'evento, generando forte interesse e attesa da parte del pubblico. I visitatori ricominciarono ad affluire numerosi e lo zoo potè rimettere a posto i conti.
L'elefantessa ebbe il potere di richiamare le masse perdute: attrazione di massa, entusiasmo di massa, masse ai cancelli. Un evidente trionfo dei nuovi media.
Ho raccontato questo aneddoto perchè ci riporta a un'epoca più felice, un'era in cui le agenzie di pubblicità potevano facilmente ottenere ciò per cui erano pagate: l'attenzione del pubblico. E ci ricorda che la nostra economia è stata costruita sulle spalle delle masse, sul divertimento del grande pubblico, sulle industrie organizzate per creare aggeggi, servizi o divertimenti per chiunque possieda del denaro da spendere. La nostalgia degli uomini del marketing è comprensibile. La nozione di "massa" non rappresenta più un modo prevedibile per relazionarsi con un pubblico incrementabile a piacimento. I successi come quello dello zoo belga sono una rarità (anche perchè un'elefantessa incinta non la si incontra tutti i giorni). D'ora in poi, il successo sul mercato di massa sarà l'eccezione, la mosca bianca. La massa è morta...Ora tocca agli "strambi".



lunedì 17 settembre 2012

Corre...con il cemento nella schiena


tratto da: Millionaireweb
Matthew è solo un bambino che vuole correre. Correre come i compagni della sua classe. Ma con più passione ed energia. Correre non per vincere ma per sentirsi uguale agli altri. Per una volta, almeno.
Raccontiamo la sua storia.
“Come avere cemento nella schiena. E dentro la voglia di volare
16 maggio 2012.
Bambini allegri e chiassosi scalpitano ai nastri di partenza. Partecipano, come ogni anno, alla corsa dei 400 metri nel giardino della loro scuola elementare.
Tra di loro, ma leggermente più staccato, c’è Matthew che non guarda altro che il prato verdesotto i suoi piedi.
È teso. Concentrato.  Forse in cuor suo ha sognato di vincere.
Anche se, in fondo, sa bene che per “uno come lui” sarà impossibile correre più veloce dei suoicompagni.
A sostenere i corridori nella loro “piccola impresa” i genitori muniti di fischietti e trombette.  Attendono, sperano che i loro figli salgano sul gradino più alto del podio.
Tra di loro, un po’ più in disparte, c’è la madre di Matthew.  A differenza degli altri, sa che il figlionon vincerà nessuna medaglia, che il suo Matthew non è come gli altri.
Una paralisi cerebrale gli impedisce di muoversi, correre, saltare come i bambini della sua età.
3-2-1. Via!
Matthew parte. Bastano pochi metri a creare un solco tra lui e i suoi compagni.
Gli altri gli sono davanti, lontani tanto da sembrare dei puntini neri.
Qualcuno di voi guardando questo video direbbe che Matthew è l’ultimo della sua fila. E nessuno potrebbe dargli torto.
Ma se provate a guardare il video con maggiore cura, con un po’ di attenzione in più, vedrete Matthew VOLARE.

Volare oltre la compassione della gente, oltre gli ostacoli del corpo. Oltre il cemento che ha nella schiena. Oltre il legno nelle sue gambe.
A fine gara niente medaglia per lui. Ma non ne ha bisogno.
Poiché è un fuoriclasse.
Gli altri hanno calpestato il terreno, lui è volato sopra le loro teste.
La storia di Matthew e del suo volo ci rivela una grande verità.
Che puoi avere un corpo perfetto. Gli organi, lo scheletro, in piena armonia. Un meccanismo oliato perfettamente come un orologio svizzero.
Che puoi avere una mente brillante. In grado di pensare cose che per gli altri sono solo inimmaginabili.
Ma se ti manca il cuore, se non lo senti pulsare dentro. Allora avrai perso.
E resterai lì a camminare sull’erba fredda di un giardino.
Mentre qualcuno ti sorpasserà. Volando.
Volando.
Giancarlo Donadio


Storia di elefanti...

C’è un insegnamento che proviene dall’India, terra degli elefanti per antonomasia, che nel tempo ha generato grandi riflessioni.

Questa storia riguarda il metodo utilizzato per l’addomesticamento di questi animali.
Quando gli elefanti sono cuccioli, vengono legati dagli “addomesticatori” con una gamba ad un aggancio solido (ad esempio un palo); inizialmente l’elefantino si dimena e fà di tutto per liberarsi, ma essendo ancora troppo piccolo ogni suo sforzo risulta inutile. La corda ed il paletto sono troppo robusti per la sua stazza ancora così piccola.

I suoi tentativi di ribellione con il tempo si riducono fino a che un bel giorno l’elefantino si arrende perché si rende conto che non è abbastanza forte per liberarsi e scappare.
Finalmente il piccolo pachiderma diventa grande, raggiunge dimensioni enormi e la sua potenza è smisurata!

Adesso ha la forza necessaria per poter spezzare la corda con cui è stato tenuto legato da piccolo. Gli addomesticatori, infatti, usano proprio lo stesso tipo di corda sottile per tenere legato il pachiderma anche quando questo oramai è diventato grande e possente. Ma come mai l’elefante, non scappa adesso che può farcela?

Semplicemente perché crede di non poterlo fare in quanto nella sua mente è inciso il ricordo dell’impotenza sperimentata negli anni passati e non prova nemmeno più a liberarsi; è cresciuto con la convinzione di non poterci riuscire e con il tempo si è arreso.

A volte viviamo anche noi come l’elefante; pensiamo di non essere in grado di fare delle cose semplicemente perché in passato ci avevamo provato ed avevamo fallito, oppure perché qualcuno ci ha fatto credere di non avere abbastanza capacità per farlo.

Inconsciamente sin dall’infanzia abbiamo subito dei condizionamenti dall’esterno (famiglia, istituzioni, amici, mass-media, ecc.) che con il passare del tempo ci hanno creato delle vere e proprie credenze limitanti.

Ogni volta che desideriamo fare qualcosa, la nostra mente ci suggerisce “non posso….non ci riesco…” perché è ciò di cui siamo stati sempre convinti, per cui spesso abbandoniamo senza indugio anche solo l’idea di provarci, inconsapevoli che, così facendo, stiamo limitando tutto il nostro potenziale.

Quindi, tutte le volte che ci sentiamo bloccati o incapaci di fare qualcosa ricordiamoci della storia dell’elefantino…


venerdì 14 settembre 2012

don't panic...


essere protagonisti...

"Se volete che una coincidenza significativa cambi la storia della vostra vita, vagabondate a caso per il mondo e siate ponti ad accogliere qualsiasi cosa la vita vi offra. L'imprevista svolta degli eventi potrebbe costituire il colpo di scena in una storia nella quale non ci eravamo ancora accorti di essere i protagonisti". (Robert H.Hopcke)

Live your life...


sabato 8 settembre 2012

SWITCH - è una questione di cervello


L'emisfero SINISTRO del nostro cervello è emotivo, incostante alla ricerca della gratificazione immediata, mentre quello DESTRO è razionale. Per realizzare un cambiamento c'è bisogno della collaborazione di entrambi. In "SWITCH ON - Come cambiare quando cambiare è difficile" (Rizzoli Etas, 20 euro) i due autori Chip e Dan Heath usano una metafora: l'emisfero sinistro è come un elefante emotivo, mentre quello destro è la guida logica e ipercritica. Entrambi vogliono prendere il sopravvento sull'altro e questo porta ad un percorso confuso. Come fare? La tecnica suggerita consiste nel far dirigere la guida, motivare l'elefante e tracciare un percorso. La guida fa progetti a lungo termine, l'elefante li sorregge con entusiasmo. La difficoltà sta nel trovare un equilibrio tra l'eccesso di autocontrollo della guida e l'emotività dell'elefante. (tratto da Millionaire - sett 2012)

venerdì 7 settembre 2012

a qualunque età...


"Fai dei bei sogni" di Massimo Gramellini

Da un paio di giorni ho terminato la lettura del libro "Fai dei bei sogni" di Massimo Gramellini e sto riflettendo su cosa mi ha lasciato questa lettura. Riflessioni che mi fa piacere condividere in questo blog. 
Ritengo, che ogni libro ha una chiave di lettura strettamente personale ed il lettore ci si rivede se ha vissuto direttamente le vicende narrate. Quando mi trovo a leggere libri che trattano queste tematiche ovviamente sono più sensibile, avendo perso (per cause naturali) entrambi i genitori.

PERDERE un genitore è sempre un trauma, a qualsiasi età, in quanto c'è una rottura nel "cordone ombellicale" che ci lega. Attenzione, ho usato volutamente la parola "perdere" in quanto un genitore possiamo perderlo per diversi motivi.
Possiamo perdere un genitore (o entrambi) per cause naturali: il decesso, che provoca un trauma importante nella vita di ciascuno di noi; poco importa il come avviene, la cosa importante e sconvolgente è che il genitore, punto di riferimento della nostra vita, non è più con noi e ci ritroviamo "soli" ad affrontare il mondo. 
E' differente però l'impatto che ha questa perdita (naturale) se ci viene a mancare da bambini o da adulti. 
Un figlio adulto "accetta" (o almeno ci prova) la perdita di un genitore come una componente della vita, anche se per un figlio il genitore non ha un'età anagrafica come gli altri, e per un genitore il proprio figlio rimane a qualsiasi età il proprio "bambino/a".
Per un bambino, invece, è più difficile accettarlo e capire il perchè sia accaduto "proprio a lui/lei". Spesso, un bambino non capisce (o non gli fanno capire) le dinamiche che hanno portato alla morte della sua mamma o del suo papà, sente solo un grande vuoto nella sua vita, impossibile da colmare. Come avviene per il protagonista di questo libro, nel corso della sua vita si porrà tante domande alle quali solo lui "proverà" a dare delle risposte, ad interpretare alcune scene, alcuni ricordi, alcuni racconti e difficilmente avrà un quadro reale di cosa sia successo; cercherà di esorcizzare questo dolore in tutti i modi continuando a ricercare nel suo quotidiano ogni cosa che possa ricordargli/le il suo papà o la sua mamma.
Precedentemente ho usato la parola "perdere un genitore" volutamente in quanto la perdita causa un trauma sul figlio/i. 
Un figlio/a può PERDERE un genitore a causa di un divorzio nel quale come spesso accade ci si allontana, si può perdere un genitore per abbandono della famiglia (qui non voglio giudicare nessuno per le scelte fatte), si può perdere un  genitore perchè si è abbandonati in un orfanotrofio o non riconosciuti come figli naturali, ecc.
Questa "perdita", penso, sia ancora più difficile da accettare e le domande che ci si pone sono molteplici, con la differenza (rispetto alla morte naturale di un genitore) che in questo caso si potrebbero avere delle risposte dirette dall'interessato/a... ma comunque non si avranno mai...

Mentre si legge il libro "Fai dei bei sogni" piano piano si scava un solco nell'anima del lettore che ne viene catturato ed attratto. Un libro dedicato a quelli che nella vita hanno perso qualcosa o qualcuno... Grazie alla scrittura semplice, scorrevole e coinvolgente ci si troverà a provare le emozioni che del protagonista: rabbia, solitudine, varie controversie personali e di personalità, serenità e maturità. Un libro che fa riflettere sul senso della vita e sul valore dei nostri genitori... e per i genitori riscoprire il valore dei figli... Buona lettura!

"Preferiamo ignorarla, la verità. Per non soffrire. Per non guarire. Perchè altrimenti diventeremmo quello che abbiamo paura di essere: completamente vivi".

FAI DEI BEI SOGNI (Massimo Gramellini - ed Longanesi) - è la storia di un segreto celato in una busta per quarant'anni. La storia di un bambino, e poi di un adulto , che imparerà ad affrontare il dolore più grande, la perdita della mamma, e il mostro più insidioso: il timore di vivere.
"Fai dei bei sogni" è dedicato a quelli che nella vita hanno perso qualcosa. Un amore, un lavoro, un tesoro. E rifiutandosi di accettare la realtà, finiscono per smarrire se stessi. Come il protagonista di questo romanzo. Uno che cammina sulle punte dei piedi e a testa bassa perchè il cielo lo spaventa e anche la terra. "Fai bei sogni" è soprattutto un libro sulla verità e sulla paura di conoscerla. Immergendosi nella sofferenza e superandola, ci ricorda come sia sempre possibile buttarsi alle spalle la sfiducia per andare al di là dei nostri limiti.
Massimo Gramellini ha raccolto gli slanci e le ferite di una vita priva del suo appiglio più solido. Una lotta incessante contro la solitudine, l'inadeguatezza e il senso di abbandono, raccontata con passione e delicata ironia. Il sofferto traguardo sarà la conquista dell'amore e di un'esistenza piena e autentica, che consentirà finalmente al protagonista di tenere i piedi per terra senza smettere di alzare gli occhi al cielo.  

Grandi passi...

"Per compiere grandi passi, non dobbiamo solo agire, ma anche sognare; non solo pianificare, ma anche credere". (Anatole France)

giovedì 6 settembre 2012

"Il pallone non entra mai per caso" di F.Soriano

Da sempre, sentiamo parlare del binomio azienda & sport, cioè tecniche di gestione di squadre sportive di diverse discipline e gestione di persone che operano in campo aziendale. Abbiamo visto in passato (e nel presente) che ottimi giocatori raramente sono bravi allenatori e difficilmente bravi dirigenti. Ogni ruolo richiede capacità e doti specifiche che possono evidenziarsi in alcuni e non evidenziarsi in altri. Scorrendo velocemente la mia memoria (che non posso proprio definire un archivio sportivo) mi viene in mente Arrigo Sacchi, che i più ricorderanno come allenatore del Milan stellare degli anni novanta. Bene, Sacchi non brillò mai come giocatore, infatti ha militato in campionati dilettantistici, ma è stato un grandissimo allenatore che ha rivoluzionato ed innovato il modulo di gioco, ha dato cioè un valore aggiunto alla sua professione.
Fondamentalmente, ritengo che molte sono le analogie tra l'azienda e le realtà sportive. Ovviamente in ciascun ambito (sportivo e aziendale) vanno distinte le specificità tecniche che tutti (o quasi) posso acquisire. Va individuato il comune denominatore che li accomuna e rimodulato nell'ambiente desiderato. 
Di solito le aziende utilizzano tecniche sportive per motivare il proprio personale verso il lavoro di squadra, motivare la forza vendita al raggiungimento degli obiettivi, ecc. 

Capita anche che le squadre sportive (società sportive) prendano ad esempio realtà aziendali di successo e ne seguano l'esempio; perchè come ci dice Ferran Soriano nel suo libro e nella sua intervista le società sportive non sono altro che aziende fatte di persone che prestano la loro opera (giocatori, allenatori, dirigenti) ed hanno un'obiettivo comune: la vittoria.
Nell'azienda, così come nello sport, per operarvi bisogna capirne le logiche. Ma se si vuole eccellere e dominare il mercato/campionato bisogna reinterpretarle". Buona lettura

tratto da: "Millionaire" mese di luglio/agosto 2012

Nel 2003 il Barcellona (detto Barca) era in piena crisi di risultati e di guadagni. Una nuova gestione e un nuovo tecnico l'hanno trasformato in uno dei club più forti, vincenti, ricchi e popolari del mondo. Uno degli artefici di questa rinascita è Ferran Soriano: consulente, dirigente e imprenditore in Europa e in America, che ne è stato vicepresidente dal 2003 al 2008. "Millionaire" lo ha incontrato e di seguito uno stralcio dell'intervista che introduce e spiega la sua pubblicazione "Il pallone non entra mai per caso"

Da dove parte la sua storia?
"Prima del Barca avevo lavorato nell'industria dei prodotti di consumo e nelle telecomunicazioni in diversi Paesi. Di calcio ne sapevo quanto un tifoso qualunque. Però ero socio del Barca ed ero un tifoso molto appassionato. Per cui ho dedicato anni intensi per trasformare il club che ho tanto amato."
Che cosa conta di più per vincere?
"L'impegno. Che è più importante del caso. Il caso e la fortuna fanno parte della vita e si manifestano con grande evidenza nello sport, ma la vita non è una montagna russa di eventi al di fuori dalla nostra comprensione. Il successo o il fallimento avrà a che vedere soprattutto con la correttezza o la scorrettezza delle nostre decisioni, non con il caso o la provvidenza"
Che somiglianze ci sono tra la gestione di una società di calcio e quella di un'azienda?
"In entrambi gli ambiti, dobbiamo investire tempo e sforzi per capire il settore in cui vogliamo muoverci e il prodotto reale che offriamo, la necessità che soddisfiamo. Per operare in un settore dobbiamo capirne le logiche. Per dominarlo, dobbiamo reinterpretarle."
Che cosa può imparare o copiare un'azienda da questa esperienza?
"Molte cose. Il calcio è una metafora della vita o del commercio, che si sviluppa in uno spazio ridotto (il campo) e in un tempo limitato (90 minuti). Si possono imparare lezioni di leadership e di gestione di gruppi formati da persone competitive".
Qual'è la formula per una squadra vincente?
"La formula è: "impegno moltiplicato equilibrio elevato al talento". Nel calcio funziona e credo si possa applicare a "squadre" di altre industrie. Le squadre che vincono sono composte da persone mosse da un impegno autentico e interiore, che non si compra con il denaro. Sono squadre equilibrate in senso funzionale e anche emozionale: ossia tutti conoscono il proprio ruolo, ciò che devono fare e, in più, lo fanno volentieri".
Quanto conta il fattore umano? E quanto, in questo ambito, il talento?
"Le squadre di calcio sono quasi interamente basate sul fattore umano. Talento, capacità di lavoro e relazioni interpersonali portate al limite della competitività. La scelta dei giocatori per una squadra è molto complessa, perchè oltre a valutare la capacità tecnica personale, come si fa per qualsiasi altro posto di lavoro, bisogna giudicare la personalità e l'impatto sul gruppo. I giocatori hanno bisogno l'uno dell'altro in campo e convivono per molte ore. Giocatori di grande talento possono fallire o anche far fallire il gruppo perchè non si inseriscono. Un caso particolare è quello di Zlatan Ibrahimovic, che non riuscì ad inserirsi in una squadra campione come il Barca, benchè sia un giocatore di talento straordinario".
Meglio prendere personale già formato o formarlo all'interno?
"In genere è meglio avere giocatori (o lavoratori) che si sono formati all'interno. Primo: formarli costa meno. Secondo: i giocatori formati internamente conoscono meglio il club, i tifosi, l'ambiente, il modo di giocare, e hanno maggiori capacità di adattamento. Nonostante ciò, i grandi club aspirano ad avere il miglior talento disponibile, questo significa ingaggiare alcuni giocatori da fuori. La chiave sarà allora, che il talento di quei giocatori faccia davvero la differenza e che si adattino al gruppo".
Il cambiamento è necessario: come gestirlo al meglio?
"Se devi fare una trasformazione, fai tutti i cambiamenti possibili in una volta sola, anche se questo vuol dire attraversare un periodo di leggero caos. I primi tempi, quando si arriva in una nuova organizzazione, sono i migliori per fare cambiamenti. La gente è più predisposta e i possibili errori che correggi non sono i tuoi, ma di altri. Passato un anno, tutto è più difficile".
Un paio di consigli per innovare nel modo giusto?
"Innovare non è inventare nè è sempre legato alla tecnologia. Innovare è scoprire le necessità dei consumatori che non sono soddisfatte nè pensate per loro. Se chiedi ai clienti cosa vogliono e glielo dai, difficilmente potrai innovare. Le innovazioni sorprendono i consumatori e, per questo, non si possono chiedere. Si tratta di osservare i consumatori per ispirarsi e scoprire nuovi prodotti e servizi di cui hanno bisogno, che li sorprendano. Bisogna fare riunioni di lavoro dove il concetto di "giudizio" si sostituisce a quello di "movimento": non si tratta, cioè, di giudicare le idee di altri, ma di saltare liberamente da un'idea all'altra per analizzare varie possibilità e finire per trovare l'idea giusta".

"Per operare in un settore, dobbiamo capirne le logiche. Per dominarlo, dobbiamo reinterpretarle".


martedì 4 settembre 2012

Guerriero

"Un guerriero non può abbassare la testa, altrimenti perde di vista l'orizzonte dei suoi sogni" (Paulo Cohelo)