giovedì 6 settembre 2012

"Il pallone non entra mai per caso" di F.Soriano

Da sempre, sentiamo parlare del binomio azienda & sport, cioè tecniche di gestione di squadre sportive di diverse discipline e gestione di persone che operano in campo aziendale. Abbiamo visto in passato (e nel presente) che ottimi giocatori raramente sono bravi allenatori e difficilmente bravi dirigenti. Ogni ruolo richiede capacità e doti specifiche che possono evidenziarsi in alcuni e non evidenziarsi in altri. Scorrendo velocemente la mia memoria (che non posso proprio definire un archivio sportivo) mi viene in mente Arrigo Sacchi, che i più ricorderanno come allenatore del Milan stellare degli anni novanta. Bene, Sacchi non brillò mai come giocatore, infatti ha militato in campionati dilettantistici, ma è stato un grandissimo allenatore che ha rivoluzionato ed innovato il modulo di gioco, ha dato cioè un valore aggiunto alla sua professione.
Fondamentalmente, ritengo che molte sono le analogie tra l'azienda e le realtà sportive. Ovviamente in ciascun ambito (sportivo e aziendale) vanno distinte le specificità tecniche che tutti (o quasi) posso acquisire. Va individuato il comune denominatore che li accomuna e rimodulato nell'ambiente desiderato. 
Di solito le aziende utilizzano tecniche sportive per motivare il proprio personale verso il lavoro di squadra, motivare la forza vendita al raggiungimento degli obiettivi, ecc. 

Capita anche che le squadre sportive (società sportive) prendano ad esempio realtà aziendali di successo e ne seguano l'esempio; perchè come ci dice Ferran Soriano nel suo libro e nella sua intervista le società sportive non sono altro che aziende fatte di persone che prestano la loro opera (giocatori, allenatori, dirigenti) ed hanno un'obiettivo comune: la vittoria.
Nell'azienda, così come nello sport, per operarvi bisogna capirne le logiche. Ma se si vuole eccellere e dominare il mercato/campionato bisogna reinterpretarle". Buona lettura

tratto da: "Millionaire" mese di luglio/agosto 2012

Nel 2003 il Barcellona (detto Barca) era in piena crisi di risultati e di guadagni. Una nuova gestione e un nuovo tecnico l'hanno trasformato in uno dei club più forti, vincenti, ricchi e popolari del mondo. Uno degli artefici di questa rinascita è Ferran Soriano: consulente, dirigente e imprenditore in Europa e in America, che ne è stato vicepresidente dal 2003 al 2008. "Millionaire" lo ha incontrato e di seguito uno stralcio dell'intervista che introduce e spiega la sua pubblicazione "Il pallone non entra mai per caso"

Da dove parte la sua storia?
"Prima del Barca avevo lavorato nell'industria dei prodotti di consumo e nelle telecomunicazioni in diversi Paesi. Di calcio ne sapevo quanto un tifoso qualunque. Però ero socio del Barca ed ero un tifoso molto appassionato. Per cui ho dedicato anni intensi per trasformare il club che ho tanto amato."
Che cosa conta di più per vincere?
"L'impegno. Che è più importante del caso. Il caso e la fortuna fanno parte della vita e si manifestano con grande evidenza nello sport, ma la vita non è una montagna russa di eventi al di fuori dalla nostra comprensione. Il successo o il fallimento avrà a che vedere soprattutto con la correttezza o la scorrettezza delle nostre decisioni, non con il caso o la provvidenza"
Che somiglianze ci sono tra la gestione di una società di calcio e quella di un'azienda?
"In entrambi gli ambiti, dobbiamo investire tempo e sforzi per capire il settore in cui vogliamo muoverci e il prodotto reale che offriamo, la necessità che soddisfiamo. Per operare in un settore dobbiamo capirne le logiche. Per dominarlo, dobbiamo reinterpretarle."
Che cosa può imparare o copiare un'azienda da questa esperienza?
"Molte cose. Il calcio è una metafora della vita o del commercio, che si sviluppa in uno spazio ridotto (il campo) e in un tempo limitato (90 minuti). Si possono imparare lezioni di leadership e di gestione di gruppi formati da persone competitive".
Qual'è la formula per una squadra vincente?
"La formula è: "impegno moltiplicato equilibrio elevato al talento". Nel calcio funziona e credo si possa applicare a "squadre" di altre industrie. Le squadre che vincono sono composte da persone mosse da un impegno autentico e interiore, che non si compra con il denaro. Sono squadre equilibrate in senso funzionale e anche emozionale: ossia tutti conoscono il proprio ruolo, ciò che devono fare e, in più, lo fanno volentieri".
Quanto conta il fattore umano? E quanto, in questo ambito, il talento?
"Le squadre di calcio sono quasi interamente basate sul fattore umano. Talento, capacità di lavoro e relazioni interpersonali portate al limite della competitività. La scelta dei giocatori per una squadra è molto complessa, perchè oltre a valutare la capacità tecnica personale, come si fa per qualsiasi altro posto di lavoro, bisogna giudicare la personalità e l'impatto sul gruppo. I giocatori hanno bisogno l'uno dell'altro in campo e convivono per molte ore. Giocatori di grande talento possono fallire o anche far fallire il gruppo perchè non si inseriscono. Un caso particolare è quello di Zlatan Ibrahimovic, che non riuscì ad inserirsi in una squadra campione come il Barca, benchè sia un giocatore di talento straordinario".
Meglio prendere personale già formato o formarlo all'interno?
"In genere è meglio avere giocatori (o lavoratori) che si sono formati all'interno. Primo: formarli costa meno. Secondo: i giocatori formati internamente conoscono meglio il club, i tifosi, l'ambiente, il modo di giocare, e hanno maggiori capacità di adattamento. Nonostante ciò, i grandi club aspirano ad avere il miglior talento disponibile, questo significa ingaggiare alcuni giocatori da fuori. La chiave sarà allora, che il talento di quei giocatori faccia davvero la differenza e che si adattino al gruppo".
Il cambiamento è necessario: come gestirlo al meglio?
"Se devi fare una trasformazione, fai tutti i cambiamenti possibili in una volta sola, anche se questo vuol dire attraversare un periodo di leggero caos. I primi tempi, quando si arriva in una nuova organizzazione, sono i migliori per fare cambiamenti. La gente è più predisposta e i possibili errori che correggi non sono i tuoi, ma di altri. Passato un anno, tutto è più difficile".
Un paio di consigli per innovare nel modo giusto?
"Innovare non è inventare nè è sempre legato alla tecnologia. Innovare è scoprire le necessità dei consumatori che non sono soddisfatte nè pensate per loro. Se chiedi ai clienti cosa vogliono e glielo dai, difficilmente potrai innovare. Le innovazioni sorprendono i consumatori e, per questo, non si possono chiedere. Si tratta di osservare i consumatori per ispirarsi e scoprire nuovi prodotti e servizi di cui hanno bisogno, che li sorprendano. Bisogna fare riunioni di lavoro dove il concetto di "giudizio" si sostituisce a quello di "movimento": non si tratta, cioè, di giudicare le idee di altri, ma di saltare liberamente da un'idea all'altra per analizzare varie possibilità e finire per trovare l'idea giusta".

"Per operare in un settore, dobbiamo capirne le logiche. Per dominarlo, dobbiamo reinterpretarle".


3 commenti:

Anonimo ha detto...

penserei prima a FORMARE in maniera conoscitiva, un dirigente, il quale, il piu' delle volte, si ritrova a gestire un settore non di sua competenza e conoscenza solo perchè ha fatto l'allenatore...poi credo si possa parlare di scambi di ruoli dirigenziali. Simona

Dante ha detto...

hai perfettamente ragione. il tuo ragionamento potrebbe allargarsi a tutti i livelli. se pensiamo anche all'amministrazione pubblica quando un cittadino viene eletto in comune o addirittura in parlamento che formazione dirigenziale ha avuto? la formazione CONTINUA è alla base di ogni cosa. grazie

Dante ha detto...
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