Oggi, viviamo in un mondo frenetico dove tutto deve essere consumato e vissuto in modo quasi frenetico, senza una cadenza naturale. Si parla di "tempi
morti"… Ma "morti perché? Soprattutto per chi? Leggiamo molto e siamo sommersi dalle informazioni, ma ci fermiamo ad interiorizzarle, a farle nostre? O siamo solo "accumulatori di nozioni"?
morti"… Ma "morti perché? Soprattutto per chi? Leggiamo molto e siamo sommersi dalle informazioni, ma ci fermiamo ad interiorizzarle, a farle nostre? O siamo solo "accumulatori di nozioni"?
E' un po' quello che stava succedendo a me durante la lettura di "La voce degli uomini freddi" di Mauro Corona. Mentre lo leggevo volevo andare velocemente al "cuore" del libro, alla sua "chiave di volta"; ma alla fine ho scoperto che il "cuore" era il libro stesso…
La storia (non so se sia vera o in parte inventata) mi ha fatto conoscere un popolo ed una terra che forse non avrei conosciuto. Storie di uomini "gli uomini freddi" che si sono succedute nei secoli, nevicate dopo nevicate. Storie di uomini e donne, alcune dimenticate, alcune tramandate dal racconto di chi rimaneva...
La storia (non so se sia vera o in parte inventata) mi ha fatto conoscere un popolo ed una terra che forse non avrei conosciuto. Storie di uomini "gli uomini freddi" che si sono succedute nei secoli, nevicate dopo nevicate. Storie di uomini e donne, alcune dimenticate, alcune tramandate dal racconto di chi rimaneva...
Mauro Corona "accompagna il lettore" in un viaggio nel tempo e nello spazio, quasi portandolo per mano tra quei monti in mezzo a quel popolo ed in alcuni passaggi sembra di essere lì, in quel villaggio a vivere con loro per quanto il racconto è dettagliato e vivo.
Scorrendo nella lettura e sfogliando le pagine, Corona ci accompagna al dramma che si consuma in questa storia che sembra quasi ovattata dalla neve, un dramma che l'autore porta ancora nel suo cuore e che anche grazie a lui arriva ai nostri giorni ed alle nuove generazioni, un dramma che non va dimenticato: la stage del Vajont (http://it.wikipedia.org/wiki/Disastro_del_Vajont ) che si consuma il 9 ottobre 1963 quando l'autore aveva 13 anni.
Nel libro, nella storia di questi uomini c'è molto della personalità dell'autore: la sua passione per la montagna, la scultura, l'amore per la sua terra, per la natura; il rispetto per la natura, la terra e la montagna; forse perché (penso io ) anche lui si definirebbe "un uomo freddo"… ma questo dovrei chiederlo a lui…
Buona lettura, e che sia per voi come lo è stato per me, una lettura meditata… :)
Scorrendo nella lettura e sfogliando le pagine, Corona ci accompagna al dramma che si consuma in questa storia che sembra quasi ovattata dalla neve, un dramma che l'autore porta ancora nel suo cuore e che anche grazie a lui arriva ai nostri giorni ed alle nuove generazioni, un dramma che non va dimenticato: la stage del Vajont (http://it.wikipedia.org/wiki/Disastro_del_Vajont ) che si consuma il 9 ottobre 1963 quando l'autore aveva 13 anni.
Nel libro, nella storia di questi uomini c'è molto della personalità dell'autore: la sua passione per la montagna, la scultura, l'amore per la sua terra, per la natura; il rispetto per la natura, la terra e la montagna; forse perché (penso io ) anche lui si definirebbe "un uomo freddo"… ma questo dovrei chiederlo a lui…
Buona lettura, e che sia per voi come lo è stato per me, una lettura meditata… :)
"…Solo la voce del torrente canta come un tempo. Come quando faceva cigolare mulini e segherie e battiferro. E le ruote dei torni. Allora era un campo liquido da coltivare. Ora canta la canzone dell'oblio. Ma è tornato. Il torrente è tornato. "L'ACQUA TORNA SEMPRE, SFONDA MURI E MONTAGNE E PASSA" Così aveva detto il vecchio. Adesso è la che canta, manda ancora in giro la sua voce, la voce perduta degli uomini freddi. Il resto è niente, lassù non c'è più nulla. Eppure la neve cade ancora lassù,dove non c'è più nulla".
"LA VOCE DEGLI UOMINI FREDDI" (Mondadori) - C'è un popolo che vive di
stenti in una terra ostile. Una terra in cui nevica sempre, anche d'estate, le valanghe incombono dalle giogaie dei monti e le api sono bianche. E gli uomini hanno la carnagione pallida, il carattere chiuso, le parole congelate in bocca. Però è gente capace di riconoscenza, di solidarietà silenziosa, uomini e donne con un istinto operoso che li fa resistere senza lamentarsi, anzi, addirittura lavorare con creativa alacrità, con una fierezza gioiosa, talvolta, pronti a godere dei rari momenti di requie, della bellezza severa del paesaggio, della voce allegra del loro "campo liquido", il torrente che, scorrendo sul fondo della valle, dà impulso a segherie e mulini. Il torrente è una delle voci di questi uomini freddi solo all'apparenza, ed è l'acqua - neve allo stato liquido, si potrebbe dire, che, se da un lato mette in moto tutte le attività, dall'altro innesca il dramma che sta sospeso su quelle vite grame eppure, in qualche modo, felici. Corona ci ha abituato alle narrazioni corali, alle epopee umili di gente che avanza compatta con le proprie storie senza storia solo perché nessuno ha voluto abbassare l'orecchio al livello del suolo per ascoltarne la voce flebile eppure emozionante. Vite che, come scriveva Ungaretti dei morti: "Non fanno più rumore del crescere dell'erba, lieta dove non passa l'uomo". All'armonia di una vita aspra ma equilibrata si contrappone il ritmo disumano delle "città fumanti"...
stenti in una terra ostile. Una terra in cui nevica sempre, anche d'estate, le valanghe incombono dalle giogaie dei monti e le api sono bianche. E gli uomini hanno la carnagione pallida, il carattere chiuso, le parole congelate in bocca. Però è gente capace di riconoscenza, di solidarietà silenziosa, uomini e donne con un istinto operoso che li fa resistere senza lamentarsi, anzi, addirittura lavorare con creativa alacrità, con una fierezza gioiosa, talvolta, pronti a godere dei rari momenti di requie, della bellezza severa del paesaggio, della voce allegra del loro "campo liquido", il torrente che, scorrendo sul fondo della valle, dà impulso a segherie e mulini. Il torrente è una delle voci di questi uomini freddi solo all'apparenza, ed è l'acqua - neve allo stato liquido, si potrebbe dire, che, se da un lato mette in moto tutte le attività, dall'altro innesca il dramma che sta sospeso su quelle vite grame eppure, in qualche modo, felici. Corona ci ha abituato alle narrazioni corali, alle epopee umili di gente che avanza compatta con le proprie storie senza storia solo perché nessuno ha voluto abbassare l'orecchio al livello del suolo per ascoltarne la voce flebile eppure emozionante. Vite che, come scriveva Ungaretti dei morti: "Non fanno più rumore del crescere dell'erba, lieta dove non passa l'uomo". All'armonia di una vita aspra ma equilibrata si contrappone il ritmo disumano delle "città fumanti"...
L'autore: MAURO CORONA - http://it.wikipedia.org/wiki/Mauro_Corona
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