venerdì 26 dicembre 2008

"Buon Natale"

A chi ama dormire ma si sveglia sempre di buon umore,
a chi saluta ancora con un bacio,
a chi lavora molto e si diverte di più,
a chi ha l'entusiasmo di un bambino e i pensieri di un uomo,
a chi va in fretta in auto ma non suona ai semafori,
a chi arriva in ritardo ma non cerca scuse,
a chi spegne la televisione per fare due chiacchiere,
a chi è felice il doppio quando fa la metà,
a chi si alza presto per aiutare un amico,
a chi vede nero solo quando è buio,
a chi non aspetta il Natale per essere migliore...

a chi vive la sua giornata come una guerra
a chi gira la faccia quando incontra uno di colore
a chi lavora solo per denaro
a chi non sa cosa sia la pazienza
a chi è sempre puntuale ma gli altri no!
A chi mangia in silenzio per ascoltare il tg
a chi non è mai contento di quello che fa
a chi aiuta un amico con parcella scontata
a chi è triste con i suoi desideri da bambino
a chi sogna e rimpiange solo gli anni passati
a chi fa di tutto per non vivere il Natale.
TANTI CARI AUGURI PER UN SERENO NATALE
Dante

venerdì 19 dicembre 2008

"Una strana Alleanza..."


Oggi voglio condividere una storiella molto originale e dallo spirito natalizio con un'alleanza molto particolare. Un grazie a Giannicola ed all'autrice Alessia Graziani. Buona lettura


UNA STRANA ALLEANZA di Alessia Graziani

Babbo Natale, nella sua slitta, gironzolava per i cieli invisibile all'occhio umano, controllava i bambini buoni e cattivi, leggeva tutte le letterine con gli infaticabili folletti, preparava i giochi tanto desiderati e in una sola notte, li consegnava in tutto il mondo.
Tutto scorreva liscio, giorno dopo giorno, anno dopo anno... Troppo liscio.
Ben presto nessuno ebbe più segreti per lui.
Prevedeva i giochi preferiti dai bambini, li preparava in anticipo e scommetteva con gli altri sull'esattezza dei suoi pronostici. Conosceva tutti e i suoi giretti diventarono noiosi. Probabilmente fu questo, dissero in seguito, che lo portò ad essere poco attento. Troppo... poco... attento...Una sera, uscendo, dimenticò la cosa più importante: la polvere magica! Si, quella che lo rendeva invisibile. “Poco male” pensò, “ che importa? Vanno tutti di fretta!
Chi vuoi che perda tempo a guardare in su? Chi vuoi che veda un povero vecchietto panciuto, nascosto nella folta barba bianca che scorrazza un po' tra i cieli, a bordo della sua slitta, trainato da renne?” Non tornò indietro. Proseguì ben visibile a tutti... che errore!
In agguato nell'oscurità, si nascondeva un losco figuro. Uno stregone cattivo, ma così cattivo da non aver mai ricevuto un regalo in vita sua, attendeva lì, fermo immobile. Non aspettava altro che vendicarsi! Quando lo vide passare non credeva ai propri occhi! Tanta pazienza e attesa avevano portato i loro frutti... Vendetta sarebbe stata finalmente fatta! Il suo piano malefico era pronto da tempo. Si nascose dietro la nuvola più nera del cielo e, con una semplice rete, lo catturò. Lo rinchiuse dentro quella stessa nuvola.
Nessuno poteva vederlo né sentirlo: le sue grida venivano coperte da assordanti tuoni. Era stato semplice. “La mia vendetta sarà tremenda” pensava lo stregone cattivo che per anni aveva minuziosamente studiato la strategia. “Tutti i bambini del mondo, non ricevendo regali, penseranno che Babbo Natale non esista più e... NON CREDERANNO PIU' IN LUI!!!!
Diventeranno cattivi... tutti cattivi come me! Ih, ih, ih !” Sogghignava, compiaciuto del suo piano.
Sogghignava, contento, sfregandosi le mani. Sogghignava , più brutto che mai, più cattivo che mai.
Lontano , nella loro fabbrica, i folletti erano preoccupati. Babbo Natale era scomparso!
“ Era distratto, che si sia perso?” dicevano alcuni... “ E se fosse caduto?” dicevano altri...
“ E se, distratto com'era, avesse sbattuto contro un aereo di linea? Nessuno avrebbe potuto soccorrerlo! Nessuno avrebbe potuto vederlo con addosso la polvere magica!” Furono organizzate le ricerche ... passarono giorni, poi mesi... niente!
I primi fiocchi di neve imbiancavano il paesaggio, dalle finestre si intravedevano alberi addobbati, i balconi si accendevano e spegnevano coperti di luci: Natale era ormai alle porte!
AIUTO!!! Poveri folletti... Come fare? Come consegnare tutti i regali in tempo? Non potevano deludere i bambini! Ma chi avrebbe potuto aiutarli?
Qualcuno infaticabile...Qualcuno capace di amare i bambini più della propria vita...
Pensarono e ripensarono...pensarono e riripensarono...
“I Genitori!!!” gridarono in coro!
Certo, loro non avrebbero mai deluso i propri figli! Avrebbero cercato in tutti i modi di soddisfarli. Avrebbero sicuramente pensato prima di tutto alla felicità dei bambini! I folletti vi si recarono e questi accettarono di buon grado. Avrebbero consegnato i regali, di nascosto,li avrebbero deposti sotto l'albero, la notte della Vigilia. iGiurarono di mantenere il segreto per sempre.
Quel Natale, i bambini ricevettero i doni come sempre, come se niente fosse accaduto. Sembrava addirittura più bello! Come se il tempo fosse avvolto da un magico mistero. Tutti continuarono a credere in Babbo Natale.
I piani dello stregone erano andati in frantumi e non solo, la magia e l'amore sprigionate dileguarono la nuvola. I folletti videro subito Babbo Natale e lo portarono in salvo.
Una volta al sicuro gli raccontarono le mille peripezie e del fantastico aiuto trovato.
“Bel lavoro” disse Babbo Natale, “ l'unione fa la forza! Abbiamo dei preziosi alleati! D'ora in poi non farò più da solo! Il Natale non sarà mai più in pericolo!”
Così fu che Babbo Natale sparse la sua polvere magica: ogni Natale, i bravi genitori si trasformano in fantastici aiutanti: i supereroi dei regali! e.... bambini potete stare tranquilli!
Se siete stati buoni e bravi non ci sarà stregone al mondo che potrà fermare questa strana alleanza: Babbo Natale con papà e mamma

domenica 14 dicembre 2008

"Le parole sono pietre, anzi proiettili"



Caro diario,



è un pò che non scrivo, non per mancanza di argomenti o pensieri ma per il fatto che alcune volte ti senti scarico, le giornate sembrano trascorrere tutte uguali ed allora cerchi qualcosa che ti faccia ricaricare e ripartire, bene con questo post voglio lasciarmi questo periodo alle spalle e guardare avanti...



Come avevo scritto in una mail di qualche tempo fa, ognuno di noi può essere un "Grande Capo" in qualunque ambito operi: nelle aziende grandi e piccole, in casa,in classe, sui campi sportivi, nell'esercito, in cucina, ecc. Oggi voglio continuare a parlare di questo tema molto interessante (spero anche per voi) soffermandomi però sulle PAROLE che usa un Capo nei suoi colloqui. Parole che comunque lasciano un segno in chi le ascolta e perciò dovrebbero essere usate con molta attenzione e magari prima di pronunciarle in alcuni casi sarebbe opportuno pensarci un po su.
Qualche tempo fa ho visto in tv un film del Grande Totò (non ricordo il titolo) che interpretava la parte di un titolare d'azienda e di un presidente di una squadra di calcio, il quale gestiva molte persone con varie problematiche, la moglie gli aveva consigliato prima di aprire bocca e fare danni di contare fino a dieci...

Per parlare di questo tema chiederò aiuto a Jeffrey J.Fox autore del libro "Come essere un Grande Capo", ve lo ricordate???

Tratto da: "Come essere un Grande Capo"
Autore: Jeffrey J.Fox

ATTENZIONE: le parole sono pietre, anzi proitettili
Chi maneggia armi, si tratti di un tiratore scelto o di un pistolero, sa molto bene che prima di fare fuoco occorre prendere la mira con molta calma, mantenendo il massimo controllo. I tiratori intelligenti sanno che un colpo affrettato può costare loro la vita. Allo stesso modo, un capo intelligente sa che una frase non ponderata può ferire come un proiettile.
Badate sempre a ciò che dite e come lo dite. Le vostre parole hanno un peso enorme, quindi parlate con grande prudenza. Un lavoratore dipende interamente dal suo capo sotto diversi aspetti: retribuzione, direttive di lavoro, informazioni necessarie, conferma dell'assunzione dopo il periodo di prova, possibili avanzamenti di carriera. Va da sé, pertanto, che i dipendenti ascoltano con la massima attenzione le parole del loro capo (purtroppo, i dipendenti ascoltano molto di più il capo di quanto quest'ultimo non ascolti loro!) Più un capo occupa una posizione elevata nella gerarchia aziendale e maggiore forza hanno le sue parole. Ciò che dice il capo influisce direttamente su ciò che i dipendenti pensano di se stessi, degli altri colleghi, dell'azienda in generale e persino dei clienti di quest'ultima.
Non parlate di un dipendente con un suo collega di uguale livello; non screditate un vostro superiore davanti ad un vostro subalterno; non criticate un cliente, perchè cosi facendo influireste sull'atteggiamento dei vostri dipendenti nei suoi confronti. Il cliente oggetto delle vostre critiche, infatti, perde immediatamente valore, riceve un servizio di qualità inferiore o un trattamento comunque insoddisfacente, e la perdita di un cliente rappresenta un grave danno per l'azienda, e quindi per il capo e per il dipendente.
La diceria, quel proverbiale "pare che" o "si dice che", quel sistema di comunicazione interna presente in tutti gli uffici e particolarmente attivo, viene sempre innescata da qualche commento indiscreto che un capo si è lasciato sfuggire in presenza di un subalterno. Il grande capo pondera invece molto a lungo le proprie parole prima di fare commenti.
Un grande capo non può permettersi di svelare avventatamente dei segreti o di lasciarsi andare a pettegolezzi, né deve lasciarsi andare a dire alcunché che possa, anche non intenzionalmente, essere male interpretato. Non può neppure lasciarsi sfuggire un commento en passant, appena sussurrato. Per un dipendente, un capo che sussurra è come un leone che ruggisce.

mercoledì 3 dicembre 2008

"Presente..."


"Ieri è storia,

domani è mistero,

ma oggi è un dono...

per questo si chiama

Presente!"


Maestro Oogway

(Kung Fu Panda)

venerdì 14 novembre 2008

"Una partita speciale"


Oggi voglio condividere con voi una storiella che mi è arrivata via mail e che sicuramente sarà arrivata anche a voi, è speciale soprattutto per il significato che trasmette, vale la pena fermarsi due minuti per leggerla e riflettere. Buona lettura


UNA PARTITA SPECIALE

Ad una cena di beneficenza per una scuola che cura bambini con problemi di apprendimento, il padre di uno degli studenti fece un discorso che non sarebbe mai più stato dimenticato da nessuno dei presenti. Dopo aver lodato la scuola ed il suo eccellente staff, egli pose una domanda:'Quando non viene raggiunta da interferenze esterne, la natura fa il suo lavoro con perfezione. Purtroppo mio figlio Shay non può imparare le cose nel modo in cui lo fanno gli altri bambini. Non può comprendere profondamente le cose come gli altri. Dov'è il naturale ordine delle cose quando si tratta di mio figlio?

'Il pubblico alla domanda si fece silenzioso.

Il padre continuò: 'Penso che quando viene al mondo un bambino come Shay, handicappato fisicamente e mentalmente, si presenta la grande opportunità di realizzare la natura umana e avviene nel modo in cui le altre persone trattano quel bambino. 'A quel punto cominciò a narrare una storia: Shay e suo padre passeggiavano nei pressi di un parco dove Shay sapeva che c'erano bambini che giocavano a baseball. Shay chiese: 'Pensi che quei ragazzi mi faranno giocare? 'Il padre di Shay sapeva che la maggior parte di loro non avrebbe voluto in squadra un giocatore come Shay, ma sapeva anche che se gli fosse stato permesso di giocare, questo avrebbe dato a suo figlio la speranza di poter essere accettato dagli altri a discapito del suo handicap, cosa di cui Shay aveva immensamente bisogno. Il padre si Shay si avvicinò ad uno dei ragazzi sul campo e chiese (non aspettandosi molto) se suo figlio potesse giocare. Il ragazzo si guardò intorno in cerca di consenso e disse: 'Stiamo perdendo di sei punti e il gioco è all'ottavo inning. Penso che possa entrare nella squadra: lo faremo entrare nel nono. Shay entrò nella panchina della squadra e con un sorriso enorme, si mise su la maglia del team. Il padre guardò la scena con le lacrime agli occhi e con un senso di calore nel petto. I ragazzi videro la gioia del padre all'idea che il figlio fosse accettato dagli altri. Alla fine dell'ottavo inning, la squadra di Shay prese alcuni punti ma era sempre indietro di tre punti. All'inizio del nono inning Shay indossò il guanto ed entrò in campo. Anche se nessun tiro arrivònella sua direzione, lui era in estasi solo all'idea di giocare in un campo da baseball e con un enorme sorriso che andava da orecchio ad orecchio salutava suo padre sugli spalti. Alla fine del nono inning la squadra di Shay segnò un nuovo punto: ora, con due out e le basi cariche si poteva anche pensare di vincere e Shay era incaricato di essere il prossimo alla battuta. A questo punto, avrebbero lasciato battere Shay anche se significava perdere la partita? Incredibilmente lo lasciarono battere.Tutti sapevano che era una cosa impossibile per Shay che non sapeva nemmeno tenere in mano la mazza, tantomeno colpire una palla. In ogni caso, come Shay si mise alla battuta, il lanciatore, capendo che la squadra stava rinunciando alla vittoria in cambio di quel magico momento per Shay, si avvicinò di qualche passo e tirò la palla così piano e mirando perché Shay potesse prenderla con la mazza. Il primo tirò arrivò a destinazione e Shay dondolò goffamente mancando la palla. Di nuovo il tiratore si avvicinò di qualche passo per tirare dolcemente la palla a Shay. Come il tiro lo raggiunse Shay dondolò e questa volta colpì la palla che ritornò lentamente verso il tiratore. Ma il gioco non era ancora finito. A quel punto il battitore andò a raccogliere la palla: avrebbe potuto darla all' uomo in prima base e Shay sarebbe stato eliminato e lapartita sarebbe finita. Invece... Il tiratore lancio la palla di molto oltre l'uomo in prima base e inmodo che nessun altro della squadra potesse raccoglierla. Tutti dagli spalti e tutti i componenti delle due squadre incominciarono a gridare: 'Shay corri in prima base! Corri inprima base! 'Mai Shay in tutta la sua vita aveva corso così lontano, ma lo fece e così raggiunse la prima base. Raggiunse la prima base con occhi spalancati dall'emozione. A quel punto tutti urlarono:' Corri fino alla seconda base! 'Prendendo fiato Shay corse fino alla seconda trafelato. Nel momento in cui Shay arrivò alla seconda base la squadra avversaria aveva ormai recuperato la palla..Il ragazzo più piccolo di età che aveva ripreso la palla quindi sapeva di poter vincere e diventare l'eroe della partita, avrebbe potuto tirare la palla all'uomo in seconda base ma fece come il tiratore prima di lui, la lanciò intenzionalmente molto oltre l'uomo in terza base e in modo che nessun altro della squadra potesse raccoglierla. Tutti urlavano: 'Bravo Shay, vai così! Ora corri!'Shay raggiunse la terza base perché un ragazzo del team avversario lo raggiunse e lo aiutò girandolo nella direzione giusta. Nel momento in cui Shay raggiunse la terza base tutti urlavano di gioia. A quel punto tutti gridarono:' Corri in prima, torna in base!!!!'E così fece: da solo tornò in prima base, dove tutti lo sollevarono inaria e ne fecero l'eroe della partita.

'Quel giorno disse il padre piangendo i ragazzi di entrambe le squadre hanno aiutato a portare in questo mondo un grande dono di vero amore ed umanità. Shay non è vissuto fino all'estate successiva.

E' morto l'inverno dopo ma non si è mai più dimenticato di essere l'eroe della partita e di aver reso orgoglioso e felice suo padre...non dimenticò mai l'abbraccio di sua madre quando tornato a casa e le raccontò di aver giocato e vinto.

sabato 8 novembre 2008

"La respons-abilità" e i "Fantastici 4"




Lo spunto per questo post mi è arrivato dal mio amico Giannicola attraverso il suo blog, tratto dal libro "Tutta un'altra vita" su un argomento che tocca tutti noi: la responsabilità. Ma cos'è la responsabilità? Vi lascio alla lettura di questo brano e della storiella contenuta e capire come questa parola ha un ruolo attivo nella vita quodidiana di tutti noi e come questa parola, come scrive l'autrice, può essere scissa e diventare "respons-abilità". Buona lettura

Tratto da "Tutta un'altra vita" di Lucia Giovannini

La respons-abilità

"Vivere significa prendersi la responsabilità di trovare le giuste risposte ai problemi della vita". Victor Frankl

Se solo avessi più denaro/tempo/ fortuna...
Se solo ricevessi più aiuto dai colleghi, famigliari/amici...
Se solo mio marito mi sostenesse...
Se solo fossi più giovane/magra/bella...
Se solo il mio lavoro fosse meno stressante...
Vi suona familiare? Quali stati d'animo, quali azioni scaturiscono da questo modo di pensare? Quando ci troviamo a riflettere e parlare in questa maniera, siamo forse nella nostra zona di potere? La linea che identifica la nostra area di influenza è ben definita e ha un nome: respons-abilità.
Responsabilità non significa colpa. Non è certo colpa nostra se siamo stati licenziati, lasciati dal partner o se siamo ammalati. Essere responsabili significa riappropriarsi dell'abilità di rispondere agli eventi. Vuol dire usare la nostra abilità di cambiamento. Essere in grado di dare le risposte più funzionali alle domande che i problemi della vita ci pongono. E significa farlo nella quotidianità,attraverso la nostra condotta, le nostre azioni, le nostre parole, a casa e al lavoro, quando siamo da soli e quando siamo con gli altri.
Siamo completametamente responsabili della nostra zona di potere, ovvero di ciò che pensiamo, delle nostre emozioni, di come parliamo ed agiamo. Siamo altresì responsabili dei nostri comportamenti, delle parole e delle azioni nei confronti degli altri. Ma non siamo responsabili di ciò che un altro pensa, fa o dice. Questo rientra nella zona di potere dell'altra persona. Quindi non possiamo cambiarlo. Possiamo solo cambiare come ci sentiamo a riguardo. Possiamo accettare gli eventi esterni e usare la nostra abilità per rispondere, cioè la nostra respons-abilità. Comprendere questo meccanismo ci aiuta anche a creare rapporti più sani, aperti, onesti ed efficaci.
"Siamo in dieci a lavorare su questo piano e ci sono due bagni". La settimana scorsa l'impresa di pulizie era in ferie e i bagni sono rimasti sporchi per tutto il tempo. E' possibile che nessuno si prenda la briga di pulirli?"
"Ogni volta che arriva una pratica scomoda da trattare, rimbalza sulle diverse scrivanie come una patata bollente e nessuno vuole farsene carico. Perchè dovrei farlo proprio io?"
"Appena finito di mangiare mio marito si incolla davanti al televisore e non mi aiuta con i bambini. Se gliel'ho mai chiesto apertamente? No, chiunque si renderebbe conto che ho bisogno di una mano"
"Il pianeta è ogni giorno più inquinato. Molti animali vengono maltrattati. Qualcuno prima o poi dovrà fare qualcosa!"

Ognuno, Qualcuno, Chiunque e Nessuno
Questa è la storia di 4 persone di nome Ognuno, Qualcuno, Chiunque e Nessuno. C'era un lavoro importante da fare e a Ognuno venne chiesto di farlo. Ognuno era sicuro che Qualcuno l'avrebbe fatto. Chiunque avrebbe potuto farlo, ma Nessuno lo fece. Qualcuno si arrabbiò a tale riguardo, perchè era il lavoro di Ognuno. Ognuno pensava che Chiunque potesse farlo, ma Nessuno capì che Ognuno non l'avrebbe fatto. E finì che Ognuno dette la colpa a Qualcuno quando Nessuno fece ciò che Chiunque avrebbe potuto fare.

Traduzione: questa è la storia di Ognuno di noi.
Davanti ad un compito difficile, una conversazione scomoda da iniziare, un passo faticoso da intraprendere, una situazione pesante da cambiare. Nessuno è particolarmente felice. Per Chiunque sarebbe molto più facile limitarsi a giocare il ruolo della vittima e deprimersi o incolpare gli altri. Qualcuni invece usa la sua zona di potere e decide di non farlo. Ogni volta che scegliamo la respons-abilità facciamo un passo avanti verso il cambiamento evolutivo.

giovedì 30 ottobre 2008

"Una nuova avventura"



"La paura fa parte della vita,
I dubbi fanno parte della vita.
A volte anche sentirsi completamente smarriti
fa parte della vita.
Ma non è certo la fine di tutto!
E' soltanto l'inizio
di qualcosa di più grande,
che arricchirà il tuo spirito molto più
di qualsiasi cosa tu abbia vissuto prima"
(Sergio Bambaren)

domenica 12 ottobre 2008

"La leadership secondo Peter Pan"


Traggo spunto per questo post dalla prefazione fatta da Roberto Casaleggio al libro "La leadership secondo Peter Pan" scritto da Alessanndro Chelo. Una prefazione che mi ha dato lo spunto per la prossima riunione al personale, ma soprattutto mi ha fatto fare delle riflessioni su ciò che professionalmente svolgo e su quello che vorrei fare in futuro. La maggior parte della mia vita professionale si è svolta nella gestione del personale in varie aziende ed in vari settori ed è un'esperienza bellissima che mi fa crescere giorno per giorno confrontandomi con nuove situazioni e nuove esperienze. Qualche volta mi trovo a parlare con persone che occupano altre posizioni e che svolgono altri mestieri "classici" ed obiettivamente riconosciuti, che sostengono che gestire le persone "non è un vero mestiere"; io ovviamente non la penso cosi e nel brano che segue se ne ha una risposta ed un punto di vista. E voi cosa ne pensate?...
Buona lettura

PREFAZIONE: Attori, uomini politici e giornalisti dicono spesso dei figli che hanno seguito le loro orme: "Non ha ascoltato il mio consiglio, io ero contrario. E' un lavoro duro ed impegnativo". Le stesse parole non si ricordano sulla bocca di un amministratore delegato nei confronti dei propri figli. Può essere che i manager facciano meno notizia, che siano riservati o che non amino parlare con i media, chissà. Sembra in ogni caso una contraddizione.
Gestire un'azienda e, con essa, decine, centinaia di persone, è un lavoro più duro della maggior parte delle professioni: si è responsabili della vita aziendale dei propri colleghi, del loro sviluppo professionale, del loro benessere economico, del fatto che continuino a disporre di un reddito o che perdano il lavoro. E' un mestiere che, se affrontato con senso di reponsabilità, non ti lascia spazi e annulla del tutto la fragile, inconsistente e falsa distinzione tra lavoro e tempo libero. Eppure non una parola da parte di capi azienda per sconsigliare la loro attività. Questo sembra poco comprensibile: per evitare stress e responsabilità ad altri andrebbe detto, anzi gridato. Quali sono i motivi di questo silenzio? Le usuali merci ricevute in cambio: potere, denaro, visibilità? Anche, ma da sole non sono ragioni sufficienti.
La realtà è che guidare un'azienda, un gruppo di persone, equivale alla ricerca degli Argonauti, al viaggio di Ulisse, alla spedizione Apollo 11 sulla luna. E' un'avventura che non sappiamo dove ci condurrà, che condividiamo con altri, che dura la maggior parte della nostra vita. Un percorso che ha bisogno di sogni, di coraggio, di solidarietà. Chi non proverebbe a percorrerlo? E chi ha occhi di maraviglia e, come Peter Pan, l'ingenuità del fanciullo e la determinazione dell'adulto, avrà più consenso, sarà più amato, andrà più lontano, forse raggiungerà l'Isola che non c'è.
Peter, il protagonista di questa storia, è il manager che non si arrende, che vuole tutto, sempre: una società in salute economica, l'applicazione di valori etici, il coinvolgimento sociale, una vera comunità aziendale, il divertimento, la qualità, la creatività, l'invenzione continua del business.
Il capitalismo si nutre anche di cinismo, di profitto, di licenziamenti, di ingiustizie e Peter potrebbe essere confuso con un idealista destinato a soccombere in un mondo troppo diverso da lui. Il rischio esiste, ma solo chi l'ha affrontato e vinto ha realizzato se stesso e svolto una vera missione. Qualche nome? Adriano Olivetti, Enzo Ferrari, Enrico Mattei.
Peter è l'immagine del nuovo manager postindustriale, che vive in azienda e nella società civile, e il cui vero potere, come sostiene l'autore, è nella capacità di sognare.
Peter vuole la luna e sa di poterla ottenere.
Roberto Casaleggio - Managing Director Webegg SpA

giovedì 9 ottobre 2008

"Il Delfino e le onde della vita"


Oggi voglio condividere con voi l'ultimo libro di uno dei miei autori preferiti: Sergio Bambaren. Il suo ultimo lavoro "Il delfino e le onde della vita" è un libro diverso dal suo stile proprio per i contenuti che tratta e mi ha colpito forse perchè li ho vissuti personalmente: diventare padre, le paure, le incertezze, le aspettative, l'attesa. Consiglio la lettura a chi sta per diventare genitore o lo è diventato. Di seguito vi riporto sia la scheda del libro che un pensiero che ne ho tratto. Buona lettura


Una favola che invita a non smettere mai di sognare.
Daniel Alexander Dolphin, il delfino protagonista del best-seller d'esordio di Sergio Bambarén, torna dopo dieci anni nella laguna dell'isola che aveva lasciato per inseguire i suoi sogni. Il tempo non ha intaccato il fascino di quell'atollo remoto: il sole risplende sulla superficie turchese e magnifiche onde sferzano la barriera corallina, invitando Daniel a lanciarsi in spericolate acrobazie sull'acqua. Ma qualcosa è cambiato nel suo animo... Il lungo peregrinare per mare l'ha arricchito di tanti doni - saggezza, serenità e soprattutto l'amore vero - ma anche di un regalo del tutto inaspettato: una nuova, tenera vita da crescere. Come conciliare il forte richiamo alla libertà con la responsabilità di diventare genitore? Ancora una volta la voce amica dell'oceano viene in suo soccorso e il delfino intraprende un altro viaggio alla scoperta di luoghi incantevoli e di creature straordinarie, per approdare infine a una grande consapevolezza: la libertà autentica abiterà sempre dentro di noi, finché ascolteremo il nostro cuore e i preziosi insegnamenti della natura. Una favola che invita a non smettere mai di sognare; una perla di saggezza per tutti i lettori che sanno cogliere e trasmettere agli altri i segnali di speranza racchiusi nelle piccole grandi meraviglie dell'universo.


"Vivere le esperienze

che la vita ci offre

è un dovere.

Trarne sofferenza oppure gioia,

invece,

è una nostra scelta.


E questa scelta

è la causa,

non la conseguenza,

di un'esistenza felice

o infelice".



Sergio Bambarén è un autore australiano, nato in Perù e vissuto molti anni negli Stati Uniti. Esperto surfista, sensibile alle battaglie ecologiste per la salvaguardia dei mari, ha scritto libri di grande successo, che evocano promontori sconosciuti, brezze d'oceano e cieli d'un azzurro assoluto. E' stato in Portogallo, in una meravigliosa spiaggia circondata da foreste di pini chiamata Guincho, che Sergio Bambarén ha scoperto il significato profondo dell'esistenza e ha trovato un amico davvero speciale: un delfino solitario che gli ha ispirato il primo romanzo, "Il Delfino", pubblicato a sue spese nel 1996.Improvvisamente ogni cosa è cambiata nella sua vita: in Australia Il Delfino ha venduto più di 60.000 copie. Attualmente è stato tradotto in più di 25 lingue comprese il russo, il cantonese e lo slovacco.La conoscenza dell'ambiente marino e la volontà di salvaguardare i cetacei, hanno reso Sergio Bambarén vice-presidente dell'Organizzazione Ecologica Mundo Azul (Blue World), e lo hanno spinto a viaggiare continuamente, nello sforzo costante di preservare gli oceani e le creature che li abitano.

giovedì 2 ottobre 2008

2 ottobre 08 - Giornata mondiale della Non Violenza


"Ci sono cose per cui sono disposto a morire,

ma nessuna per cui sarei disposto a uccidere".

M.K. Gandhi

"Il business è una cosa seria"




Oggi voglio condividere con voi uno degli ultimi brani del libro "A morte le vacche sacre". Un libro che mi ha tenuto molta compagnia in questo periodo, mi ha fatto pensare, riflettere e perchè no sorridere un pò e spero, che attraverso i miei racconti vi sia venuta la voglia di leggerlo oppure riflettere su qualche brano. Questo racconto si trova quasi alla fine del libro e forse non è un caso che si trovi proprio al termine di un percorso perchè in esso è racchiusa una grande morale...scopritela leggendo fino in fondo...buona lettura

Tratto da "A morte le vacche sacre" - "Il business è una cosa seria"
"Questo bocconcino di Vitello Sacro sarebbe a tutti gli effetti una Vacca Sacra, ma è stato dato per scontato per cosi tanti anni che nesuno ha più sentito il bisogno di parlarne se non ultimamente. Un tempo gli affari erano una cosa seria e basta. Negli ultimi anni, però il mercato è cambiato in maniera significativa. Oggi, nell'era digitale, ci sono aziende gigantesche che non hanno nemmeno un ufficio. Migliaia di dipendenti lavorano comodamente da casa, dove, per quanto ne sappiamo, possono collegarsi a un computer indossando pantofole a forma di papera e cappelli a forma di gruviera. L'epoca dell'uomo in completo di grisaglia appartiene al passato. Al giorno d'oggi le colazioni d'affari e i mocassini sono più l'eccezione che la regola. C'è però una reazione a tutta questa crescente libertà e apertura sul lavoro. Sempre più persone sembrano convincersi del fatto che il business debba tornare a essere una cosa seria. Si guarda con nostalgia a come erano le cose un tempo e si vorrebbero recuperare alcuni valori tradizionali. In fondo ci sono in ballo un sacco di soldi. Carriere, opportunità, fortune da mettere in gioco. Tutto questo va preso sul serio. Abbiamo sempre pensato che ci fosse una notevole differenza tra prendere le cose sul serio e prendersi sul serio. A volte non abbiamo la più vaga idea di quale sia questa differenza e quindi in passato, ci è capitato di comportarci in modo del tutto sconveniente e di fare la figura degli imbecilli. Nessuno però pensa che quelli della APPLE siano degli imbecilli. Il numero di prodotti che la Apple ha azzeccato è tale che, in questa era postmoderna del business, l'azienda è diventata l'esempio per eccellenza del successo. E se la Apple ha deciso di non prendere il business troppo sul serio, forse non dovremmo farlo anche noi. In fondo alla lunghissima, incomprensibile e illegibile nota stampata in caratteri piccolissimi sulle avvertenze generali del primo iPod shuffle è riportata la seguente frase: "Non mangiate l'iPod shuffle". Non sappiamo se sia stata inserita di proposito o se sia sfuggita al correttore di bozze, ma ci ha fatto sorridere. Questa curiosa e divertente nota a margine, oltre a strapparci una risata, ci ha fatto sentire un po più vicini all'azienda in questione. Non ci ha fatto dubitare della bontà del prodotto. Ci ha semplicemente fatto sentire bene per un attimo. Quindi scioglietevi un pò. Solo perchè prendete sul serio il vostro business, non dovete per forza essere seriosi dalla mattina alla sera".
E nel vostro posto di lavoro si è seri o seriosi? raccontate la vostra esperienza.

mercoledì 1 ottobre 2008

"Cambiamento"


"Cambiare non significa trasformare cio che e',
ma creare cio che non è"

Franco D'Egidio

lunedì 29 settembre 2008

"Il nostro iceberg si sta sciogliendo"


Oggi vi segnalo un libro molto bello e per me importante che parla di una fantastica storia e di un tema molto chiacchierato e che suscita sempre discussioni: IL CAMBIAMENTO. Ma cosa vuol dire questa parola? Cambiamento è quando cambiamo lavoro, stile di vita, abitudini, partner insomma tutto; ma anche cambiare il nostro atteggiamento verso una determinata situazione o contesto, e questo non è sempre cosi facile. Spero che questo libro possa esservi utile come lo è stato per me. Se lo avete letto mi piacerebbe sapere cosa ne pensate e quale insegnamento vi ha lasciato.

"Il nostro iceberg si sta sciogliendo" - John Kotter

Una favola semplice che contiene una grande lezione per il lavoro e per la vita

Molti secoli fa, favole e racconti erano considerati una fonte preziosa di insegnamenti e riflessioni. Le favole, in particolare, hanno la capacità di affrontare argomenti seri e controversi, quando non spaventosi, rendendoli chiari ed accessibili a tutti.
Le belle storie non si dimenticano, a differenza di gran parte delle informazioni da cui siamo bombardati quotidianamente. Le storie possono far nascere pensieri, dare insegnamenti importanti e farci capire come utilizzarli nel modo migliore. nel nostro mondo, moderno e tecnologico, rischiamo di dimenticare questa semplice e profonda verità.
La storia che è indicata nel libro ci parla della vita in un mondo in costante CAMBIAMENTO. Una storia con la classica struttura delle favole, che propone metodi e strumenti per far fronte con efficacia ai problemi che ciascuno di noi deve affrontare ogni giorno.
Gestire bene la sfida del cambiamento significa PROGREDIRE. gestirla male vuol dire rischiare il proprio benessere. Se siete esperti del continente nel quale è ambientata la storia "l'Antartide" sappiate che, come in tutte le favole, la vicenda non rispetta propriamente i canoni di un documentario di National Geographic. Se pensate che una storia fantastica condei pinguini per protagonisti sia necessariamente destinata ai bambini, o a qualcuno con meno esperienza di voi, vi renderete conto che questo libro parla di soluzioni a problemi con cui tutti noi dobbiamo fare i conti.

"Questa storia parla di una colonia di fantastici pinguini che vivono sun un iceberg in Antartide, secondo abitudini consolidate dalla notte dei tempi. Un giorno, uno di essi scopre che una minaccia catastrofica incombe sulla loro casa, ma quasi nessuno è disposto ad ascoltarlo. I personaggi del racconto - Fred, Alice, Louis, Buddy, il Professore e NoNo - sono molto simili alle persone con cui entriamo in contatto quotidianamente, persino a noi stessi. La loro è una storia di resistenza al cambiamento e gesti eroici, di confusione e intuizione, di ostacoli apparentemente insormontabili e tattiche ingegnose per affrontarli. Più o meno quel che ci accade intorno, in forme diverse, nel nostro mondo; solo che i pinguini sanno fronteggiare le sfide concrete molto meglio di gran parte di noi. le lezioni racchiuse in questo piccolo volume vi saranno utili nel lavoro e nella vita. Fondato sull'opera innovativa di John Kotter sui metodi per realizzare cambiamenti rapidi e intelligenti, il libro regala consigli preziosi per tutti. E le lezioni dei pinguini sono tanto più importanti quanto più il mondo accelera i suoi ritmi

venerdì 26 settembre 2008

"Non è tempo per noi"


"...Strade troppo strette e diritte, per chi vuol cambiar rotta

oppure sdraiarsi un pò, che andare va bene,

però a volte serve un motivo, un motivo. Certi giorni

ci chiediamo:"è tutto qui?" .E la risposta è sempre SI!


Non è tempo per noi, che non ci svegliamo mai

abbiam sogni però troppo grandi e belli, sai.

Belli o brutti abbiam facce che però non cambian mai

non è tempo per noi e forse non lo sarà mai..."


Ligabue - NON E' TEMPO PER NOI

giovedì 18 settembre 2008

"Il branding costa"



Oggi voglio condividere con voi una tematica attuale e ricorrente: "brand" e "branding", ma soprattutto una case history eccezionale sia dal punto di vista umana che da punto di vista del branding: la fantastica storia di Lance Armstrong e dei suoi braccialetti gialli. Buona lettura

Tratto da: "A morte le vacche sacre"

Il branding costa

Il branding è una componente intangibile ma essenziale in ogni business. Serve a trasmettere un'identità aziendale facilmente riconoscibile e a favorire l'identificazione e la fedeltà del cliente. Pensate agli archi dorati di McDonald's, alla mela Macintosh o al baffo Nike (o alla Croce Cristiana aggiungo io). Quando i vostri prodotti o servizi sono immediatamente riconoscibili attraverso una parola o un'immagine, vuol dire che siete stati "brandizzati": siete destinati alla fama internazionale, a grandi ricchezze e a un po di crema per lucidare il cranio.
Quando si parla di branding, esistono due verità universali: 1) tutti lo vogliono; 2)nessuno se lo può permettere. L'opinione prevalente è che creare un brand immediatamente riconoscibile, benchè sia il desiderio di tutti, è un proposito dai costi proibitivi. L'obiettivo di ogni azienda dovrebbe essere quello di creare un brand forte ed evocativo. Ma no, il processo di creazione di questo brand non deve necessariamente farvi andare sul lastrico.
A questo punto bisogna fare un'importante distinzione tra "branding" (verbo) e "brand" (sostantivo). La forma verbale riguarda tutto lo sfarzo, il marketing e il baccano. Il sostantivo racchiude invece l'essenza di tutto ciò a cui le imprese dovrebbero mirare: la creazione di un'identità aziendale, l'evocazione di una risposta emotiva nel momento in cui un prodotto o un servizio viene nominato o presentato. ogni azienda può provare a comportarsi come un brand senza spendere un centesimo. Per riuscirci, basta "semplicemente" definire i propri prodotti o servizi in modo distintivo e quindi fare in modo che ogni altro aspetto del business si allinei a quella definizione. Il passo successivo a cui di solito tutte le aziende aspirano è rendere il brand universalmente riconosciuto, e questa è la parte che riguarda il "branding". Moltissime aziende abbandonano l'idea di un brand perchè hanno paura che la fase del branding sia eccessivamente costosa.
Ovviamente il branding può essere costoso; a volte spendere un sacco di soldi è il modo migliore per spargere in modo rapido ed efficace la voce che il vostro è un brand degno di nota. La Nike, ad esempio, è una delle aziende più famose al mondo: il suo "baffo" è ammirato in ogni casa, capanna, tenda, tepee, iurta, igloo, caverna e tiki bar del pianeta. Per arrivare ad un simile livello di diffusione la Nike ha speso una fortuna. Il solo Michael Jordan ha preso abbastanza soldi dalla Nikeda fondare un suo continente perfettamente funzionante. E Tiger Woods ne prende abbastanza da comprare l continente di Michael Jordan e spedirlo su Urano!
Qundi la voce che gira ha una certa attendibilità: il branding può essere molto costoso. Ma non bisogna tirarsi indietro.
Il branding non deve necessariamente essere costoso. Assicuratevi solo di avere un brand prima di perdere tempo con tutto il branding. Perchè se davvero avete qualcosa di originale da vendere, possiamo mostrarvi esempi di branding vincente ma a buon mercato...

Superman - Lance Armstrong

Prima di tuffarci in questa appassionante storia di coraggio, biciclette e forza di volontà, c'è una cosa che vorremmo chiarire. Non c'è mai stato, ne mai ci sarà, un uomo più tosto forte e maschio di Lance Armostrong. Non siamo ciclisti ne texani. Ma se uno si azzarda a dire che Lance Armstrong è dopato, allora finisce a botte (parole degli autori!). perchè a quest'uomo era stato il 2% di possibilità di sopravvivere dopo che si era scoperto che aveva metastasi nei testicoli, nei polmoni, nell'addome e nel cervello...e lui che fa? Ti vince il Tour de France sette volte di seguito!
Lance Armstrong ha avuto un profondo effetto sulla nostra cultura. E' riuscito addirittura a far sembrare fico andare in bicicletta. Ha dimostrato che il cancro si può sconfiggere. E ha fatto si che indossare dei braccialetti di neoprene colorati diventasse una moda universale.
Prima di Lance e dei suoi geniali braccialetti Livestrong gialli, le fascette di gomma venivano usate principalmente per tenere insieme le punte dei broccoli. Poi, nel 2004, tutto è cambiato. La Lance Armstrong Foundation voleva raccogliere fondi per la ricerca sul cancro, diffondere informazioni sulla malattia e incoraggiare la gente a vivere la vita nella sua pienezza. Con l'aiuto della Nike (suo sponsor), Lance ha creato questo semplicissimo accessorio. Il costo el prodotto era di pochissimi centesimi, e non c'era ne marketing ne pubblicità. Lance non ha fatto altro che metterselo al polso e scendere in strada.
E' chiaro che un sacco di gente ha la stassa cotta maschile per Armstrong che abbiamo noi. Perchè non appena si è scoperto che cosa simboleggiava la fascetta gialla al polso di Lance, molti suoi colleghi ciclisti hanno cominciato a portarla anche loro. Poi hanno cominciato a metterla anche personaggi di grande visibilità come Matt Damon e Katie Couric.
La Nike è una macchina di marketing. Non ha alcuna remora a spendere milioni di dollari per il branding di un prodotto. Ma non ha cacciato un soldo per i braccialetti Livestrong. Era un grande prodotto che serviva ad una grande causa rappresentata da un grande uomo. I braccialetti volavano via dai negozi, ed il fenomeno e successo dei Livestrong è stato un vero fenomeno di branding.
L'obiettivo iniziale della Lance Armstrong Foundation era raccogliere 5 milioni di dollari vendendo i braccialetti a 1 dollaro l'uno. Al tempo era considerato un traguardo ambizioso. Probabilmente sarebbero stati contentissimi anche della metà. Bè, dal 2004 sono stati venduti più di 70 milioni di braccialetti !!!.

sabato 13 settembre 2008

"Sogni"


"...Le stelle stanno in cielo e i Sogni non lo so,
so solo che son pochi quelli che s'avverano..."

Vasco Rossi

giovedì 11 settembre 2008

"Sole e Luna"


Oggi voglio condividere una storia con voi un po diversa dal solito, originale che ci farà tornare un po bambini, e forse dopo averla letta guarderemo il cielo con occhi diversi. "Sole e Luna" un tema che ha ispirato tanti autori sia per gli scritti, sia per l'arte figurativa, sia per canzoni e film. Grazie a Giannicola per avermela fatta conoscere e soprattutto grazie all'autrice Alessia per averla scritta. Originale anche l'opzione del doppio finale, ognuno sceglie quello che gli piace di più, mi piacerebbe sapere quale hai scelto...Buona lettura


“Il sole e la luna“

Tanti, tanti anni fa, splendeva alto nel cielo un Sole bellissimo che emanava un calore incredibile.La notte non scendeva mai.Tutti gli abitanti della terra conoscevano il Sole e trascorrevano intere giornate passeggiando, chiacchierando e giocando con lui.Un giorno, mentre il Sole, splendente e sorridente, passeggiava nel cielo con alcuni amici, fu attratto da un forte luccichio che veniva da lontano.Era una luce altrettanto brillante di quella che egli stesso emanava, ma più dolce e serena. Incuriosito il Sole si avvicinò …“chi sei?” chiese.“Io sono la Luna - rispose quella luce intimidita - e tu sei sicuramente il Sole. Brilli così forte che nessuno si accorge di me e della mia luce“.Il Sole, colpito dalla bellezza e dalla sicurezza della Luna, non seppe dire altro che: ”Tu sei bellissima e la tua luce risplende come nessun’altra al mondo. Mi dispiace di aver offuscato il tuo splendore, ma ora che so di averti causato tanti problemi, cercherò di trovare una soluzione per entrambi”.Lei lusingata dalle parole di quell’affascinante astro che la avvolgeva dolcemente con i suoi raggi, rispose con altrettanti complimenti.Da quel giorno il Sole e la Luna continuarono ad incontrarsi e finirono per innamorarsi profondamente.Le loro luci unite rendevano il mondo così luminoso che non vi era alcuna paura.Nessuno poteva far del male perché veniva subito visto da tutti. I colori erano così vivi da dare allegria. Tutti erano felici, sotto i raggi di un Sole e di una Luna sempre abbracciati e belli come non mai…I due erano così presi dalla loro felicità che non si accorsero di una piccola stella che, da lontano, li osservava continuamente.Quella stellina era da sempre innamorata del Sole, che non l’aveva mai degnata di uno sguardo, vedere quella coppia così felice la rendeva infinitamente triste e desiderosa di vendetta.La stellina non era l’unica a non approvare quell’unione. C’era qualcun altro a cui tutta quella luce non andava a genio. Era la strega Tenebra, una vecchiaccia da sempre vissuta nascosta perché non poteva sopportare l’allegria ed era così brutta da vergognarsi di andare in giro. Con tutta quella luce, poi, non sapeva più dove scappare. Tenebra, lo dice il nome, desiderava ardentemente di veder calare la notte. Solo col buio anche lei, nonostante il suo brutto aspetto, sarebbe potuta uscire a fare una passeggiata senza il timore che qualcuno vedendola potesse spaventarsi o deriderla.Sapendo quanto la strega odiasse la luce, la stellina innamorata, senza esitare un attimo, si recò da lei.“Solo tu, Tenebra, mi puoi aiutare. Desidero vendicarmi di quel Sole cattivo che rifiuta il mio amore per stare con quella brutta Luna. Voglio che la loro unione venga spezzata”.“ Stai tranquilla – rispose Tenebra – ho già pronto un ottimo sortilegio che presto farà passare a quei due la voglia di stare insieme”.Fu così che, con una magia, Tenebra portò il sonno tra gli uomini: tutti presero a sbadigliare in continuazione, le loro facce divennero stanche, ma nessuno riusciva a dormire.La luce era troppo intensa.Furono fatte due spedizioni: gli amici del Sole e quelli della Luna che si recarono rispettivamente dai due.Dopo aver sentito le loro ragioni, a malincuore il Sole disse alla Luna:“Non possiamo deludere i nostri amici!Dovremo dividerci.Tu potresti illuminare la notte, con la tua luce soffusa, ed io, col mio splendore, illuminerò il giorno!”La Luna a malincuore accettò.


Primo finale

Seguirono dei giorni tristissimi, nei quali Sole e Luna non riuscivano ad incontrarsi mai…Ma il Vento se ne accorse e parlò con il sole.Lui aveva una soluzione…Ci fu un’eclissi e il Sole e la Luna si ritrovarono di nuovo insieme.Il Vento soffió forte ma così forte da far volare tutto quello che gli capitava tra le mani.Portò sulla terra una parte di loro.Dove sono finiti?Guarda bene gli innamorati, li potrai vedere risplendere nei loro occhi!Ecco perché il sole non sembra più così caldo e splendente.


Secondo finale

Non potevano resistere a lungo però così lontani.Pensarono e pensarono ad una soluzione, poi finalmente la trovarono!L’eclissi!E si, l’eclissi fu fatta apposta per permettere a Sole e Luna di incontrarsi!Ma solo in quelle rare occasioni?E no!Se guardi bene il cielo, ci sono dei momenti in cui li puoi vedere insieme e non sono molto pochi… e poi nessuno ha più molto tempo per guardare in su… né per sognare un po’.
di Alessia Graziani

venerdì 5 settembre 2008

"Il team trova sempre la soluzione migliore?..."


Oggi voglio condividere con voi questo brano che suona un po come provocazione: "Il team trova sempre la soluzione migliore?". Sicuramente il lavoro di squadra è fondamentale in quasi tutti gli aspetti della vita: professionale, alcune volte personale e sportiva. Il lavoro di squadra ci fa condividere le idee, ci pone davanti a dei conflitti da risolvere e l'intuizione di uno è messa al servizio della squadra. Ogni tanto però c'è un "fuoriclasse" che con la sua intuizione, creatività, perseveranza, e con un talento fuori dal comune ci proietta in nuove dimensioni e crea nuovi prodotti che sono utili per la collettività, i famosi imprenditori pionieri, es. H.Ford, Walt Disney, Bill Gates, Ray Kroc, Enzo Ferrari, ecc. Ma questo avviene anche nel mondo sportivo dove atleti (soprattutto nell'atletica leggera) studiano nuove coreografie o nuove tecniche che poi prenderanno il loro nome. Ma torniamo al brano che voglio proporvi, tratto dal libro "A morte le vacche sacre". Buona lettura.

"IL TEAM TROVA SEMPRE LA SOLUZIONE MIGLIORE?"
Non si sbaglia quasi mai a parlare bene del lavoro di squadra. Tutti amano "la squadra". Anche quei vecchi panzoni asmatici che non mettono i pattini dall'età di quattro anni si commuovono quando sentono parlare della Nazionale americana di hockey alle Olimpiadi del 1980. E tutto questo sdilinquirsi sulla sacralità della squadra esiste anche nel mondo del business. Jack Welch è sceso giù dalla montagna per dirci di dividerci in squadre. La produttività aumenterà, i ricavi esploderanno, in borsa il titolo crescerà di quattro volte e il mondo sarà un posto migliore.
Non male, eh?
Ma facciamo un passo indietro. Chi è stato a capo della General Electric per vent'anni e ha scritto i libri di Jack Welch? La Nazionale di Welch? I Welch Lakers? No. E' stato Jack Welch l'individuo. Certo, l'hanno aiutato a scrivere i suoi libri, ma si trattava più che altro di battere a macchina, correggere le bozze ecc. Per la maggior parte il successo di Jack Welch è il risultato di un uomo: Jack Welch.
Veloci: chi ha inventato il tergicristalli? Mary Anderson. Chi ha inventato il cellophane? Il dottor Jacques Edwin Brandenberger. Quale mente brillante è stata capace di partorire i cerotti? Quella di Earle Dickson.
Studiano i libri di storia scoprirete che la maggior parte delle imprese, delle scoperte e delle invenzioni più importanti sono frutto dell'ingegno di singoli individui. E se vi è mai capitato di tagliarvi avvolgendo i tergicristalli nel cellophane, sapete di che cosa stiamo parlando.
Non vogliamo dire che la squadra non sia importante. E non vogliamo sottovalutare l'importanza del lavoro di squadra. Anzi, è bene fare una distinzione importante tra "squadra" e "lavoro di squadra". Il "lavoro di squadra", cioè quando un gruppo di persone si sforza di lavorare bene insieme, è essenziale per lo sviluppo ed il funzionamento di qualsiasi idea/prodotto /cerotto. Ma è raro che una "squadra" produca un'idea/prodotto/cerotto.
Le squadre tendono ad avere una mentalità gregaria, che si aggrappa a ciò che conosce invece di esplorare l'ignoto. le squadre tendono poi invariabilmente a indirizzarsi verso una di queste due direzioni creative: o si trascinano al passo del loro membro più lento o vengono "dirottate" da quello che ha la personalità "alfa" predominante. In quei rari casi in cui colui che ha il carattere "alfa" somiglia a Earle Dickson, il team può inventare il cerotto. Ma di solito il tipo in questione è solo un pallone gonfiato che parla a voce alta e avrebbe serie difficoltà ad applicare un cerotto, figuriamoci ad inventarlo.

PS: vorrei riportarvi anche la storia dell'invenzione del cerotto, ma sarebbe un po lunga perciò vi rimando alla lettura di questo interessantissimo libro...

lunedì 1 settembre 2008

Grazie Professor D'Egidio


Carissimi, come accade spesso in questa circostanze, questo post non era programmato. Solo oggi infatti, ho saputo della prematura ed improvvisa scomparsa del Professor Franco D'Egidio avvenuta il 1 agosto del 2007. Ad alcuni questo nome non dirà molto ma sono sicuro che attraverso gli articoli di giornale, i numerosi libri ed alcuni spunti di riflessione che io stesso ho inviato via mail quel che resterà saranno i suoi preziosi insegnamenti.

Personalmente non conoscevo il Prof D'Egidio, ho imparato a conoscerlo attraverso gli articoli di giornale ed i suoi libri. Proprio in occasione della lettura di un suo libro "Il valore del brand" letto nel 2005 mi permisi di inviare un piccolo commento via mail con le mie impressioni su quel lavoro che mi aveva ed ha tanto insegnato. Con molta sorpresa sono stato contattato telefonicamente proprio dal Professore che voleva sapere di più sul mio conto, le mie impressioni, i miei progetti. Si era compiaciuto del fatto che gli stessi scrivendo dall'abruzzo, sua terra d'origine, dove mi raccontava, quando poteva si rifugiava per riflettere e scrivere libri. Proprio all'inizio di questa estate ho acquistato e letto forse la sua ultima pubblicazione "Il valore dell'equipaggio". Un libro profondo, significativo e ricco di spunti di riflessione che ho condiviso e condivido tutt'ora con amici e colleghi. Ne ho trascritto due post che ho pubblicato sul mio blog (http://dantedalfonso.blogspot.com/2008/08/la-meta-la-mappa-e-la-bussola.html; http://dantedalfonso.blogspot.com/2008/08/il-valore-dellequipaggio.html).
Sicuramente ha lasciato un grande vuoto, ma come mi hanno detto i suoi collaboratori il suo lavoro continua. A tal proposito concludo utilizzando le parole del giudice Giovanni Falcone che ebbe a dire:
"Le persone passano, le idee restano, e continuano a camminare sulle gambe di altri Uomini"

Grazie Professore
Dante

Di seguito lascio una breve biografia:Franco D’Egidio fondatore di Summit è prematuramente scomparso il 1° Agosto 2007. È stato "Key note speaker" a livello europeo ed internazionale, intervenendo frequentemente nell’ambito di convegni e conferenze organizzati dai maggiori istituti italiani ed esteri. Advisor dei vertici di società italiane e straniere, leader di settore, con oltre 90.000 partecipanti in tutto il mondo ai suoi seminari. Studioso di management e autore di 23 testi, di cui alcuni pubblicati negli Stati Uniti, e di oltre 2.000 articoli apparsi sulle maggiori testate nazionali ed internazionali. Ha collaborato con numerose testate manageriali, tra le quali Harvard Business Review (edizione italiana), Hamlet, Espansione e L’Impresa. È stato inoltre opinionista de Il Sole 24 Ore con la rubrica la “fine dei miti manageriali”. La sua forza, il suo entusiasmo e i suoi principi ispireranno anche in futuro l’attività di Summit.
http://www.grupposummit.com/

martedì 26 agosto 2008

"La meta, la mappa e la bussola"


"La visione nasce da un viaggio mentale
che aiuta a passare dal noto all'ignoto.
Aiuta ad inventarsi il futuro
partendo da una ricomposizione creativa
di fatti, speranze, sogni, rischi e opportunità"
Hickman e Silvia


Tratto da "Il valore dell'equipaggio" di Franco D'Egidio

Cosa esiste di più fragile e delicato di una farfalla? Siamo abituati a pensare a questi gentili insetti come specie delicate, pacifiche, che svolazzano di fiore in fiore nei campi estivi. Ma esistono alcune specie di farfalle come la Monarca, che sono grandi migratrici. Capaci di percorrere 4000-5000 km dal Canada alle foreste tropicali dell'America centrale, per poter garantire la sopravvivenza alla propria specie. Nessuno sa ancora oggi come queste farfalle riescano a decidere quando è ora di partire e che direzione seguire. Nè come facciano a combattere il vento, il freddo e le intemperie nel loro volo. Eppure compiono questa migrazione ogni anno.
Come queste piccole farfalle, ogni organizzazione che abbia una visione chiara, forte, definita e condivisa riuscirà a superare qualsiasi ostacolo per raggiungere la propria destinazione e coronare il proprio sogno.
La costruzione della visione e dell'intento strategico è un passo fondamentale per la sopravvivenza di ogni organizzazione. La visione, nella nostra metafora, rappresenta la meta, l'obiettivo che accomuna ogni membro dell'equipaggio e che è in grado di orientare nella stessa direzione tutte le energie. Infatti un'organizzazione senza visione è priva di lungimiranza e soprattutto non possiede l'energia necessaria per affrontare qualsiasi ostacolo. Ma la visione come pure la missione e i valori organizzativi, non può essere il risultato di un imposizione dall'alto. La visione, deve trovare riscontro continuo in ogni azione, politica e obiettivo dell'organizzazione, grazie ad un attento dispiegamento della stessa attraverso tutte le componenti aziendali.

Solo chi ha uno scopo, una missione e dei valori, oltre che una propensione all'apprendimento ed alla crescita culturale ama affrontare le nuove sfide. Queste ultime del resto, ci aiutano a mettersi alla prova e, una volta vinte, rafforzano l'autostima. E' sempre illuminante in proposito la parabola citata da Saint Exupéry del viandante che trova sul suo cammino una cava di pietre.
"Il viandante curioso entrò e vide uno spaccapietre che, madido di sudore, con mille imprecazioni stava tentando di squadrare, peraltro con risultati deludenti, un'enorme pietra di granito. Il viandante, curioso, gli chiese cosa in realtà stesse facendo. lo spaccapietre rispose: "Non vede, devo cercare di squadrare questa maledetta pietra!". "E domani cosa farà?" chiese ancora il viandante, e lo spaccapietre rispose: "Ogni maledetto giorno devo squadrare pietre in questa maledettissima cava!". Il viandante lasciò lo spaccapietre e, proseguendo il suo cammino all'interno della cava, si imbattè in un altro spaccapietre. Anche lui madido di sudore, stava squadrando con ottimi risultati un'enorme pietra. Ma l'energia che esprimeva era completamente diversa da quella del primo spaccapietre. Il viandande domandò cosa stesse facendo e lo spaccapietre, sollevando la testa, lo guardò con occhi ricolmi di luce in un viso radioso e rispose: "Sto dando il mio miglior contributo per la costruzione di una splendida cattedrale". Il secondo scalpellino, avendo interiorizzato l'immagine della cattedrale, la visione, si sentiva un protagonista di questo processo di costruzione e ciò conferiva uno scopo alla sua vita.

Ma che cos'è una visione, perchè è importante, a cosa serve?
La visione è una caratteristica della learning organization, in quanto ne è la "struttura strutturante". E' attorno alla visione che si coagulano le energie dell'organizzazione che si dispone verso il raggiungimento del risultato. La visione deve innanziatutto garantire la sopravvivenza dell'impresa all'interno di tutti gli scenari plausibili, in quanto deve permettere di prosperare e di "aver fortuna" in ogni possibile futuro, anche quello eventualmente meno atteso e più sfidante.

L'INTENTO STRATEGICO
Ma come si costruisce una visione capace di divenire il punto di riferimento costante per tutta l'organizzazione? Innanzi tutto dobbiamo chiederci cosa sia una visione o meglio, che cosa sia l'intento strategico di un'organizzazione. Se, infatti, la visione è sicuramente l'aspetto più ricco di energia, in quanto rappresenta il SOGNO dell'organizzazione, non dobbiamo dimenticare gli altri aspetti che costituiscono il dettato strategico dell'organizzazione.
Sono 6 le componenti fondamentali del dettato strategico che qui di seguito vengono riportate:
1) la visione è lo stato desiderato futuro dell'impresa. Risponde alla domanda chiave: che cosa stiamo costruendo insieme? E' il progetto d'impresa da tutti condiviso per la sua forte capacità attrattiva, e ha la finalità di aiutare l'allineamento di tutta l'organizzazione determinandone il carattere distintivo.
2) la missione è la ragion d'essere dell'impresa e ne esprime la vocazione oltre che l'offerta. Risponde alla domanda chiave: perchè esistiamo? Congiuntamente alla forza guida dell'impresa e al suo business concept, conferisce senso di scopo all'agire quotidiano.
3) la forza guida è il motore della strategia dell'organizzazione e ne determina le scelte in termini di prodotti, clienti e mercati. La forza guida evita la "schizofrenia strategica" di molte organizzazioni che proseguono nel futuro zigzagando senza un preciso senso di direzione.
4) il business concept fornisce una direzione all'organizzazione, consentendole di prendere decisionisoprattutto circa l'allocazione delle risorse e la scelta delle opportunità. E' connesso alla forza guida e aiuta ad individuare le aree di eccellenza che amplificano il vantaggio competitivo dell'organizzazione.
5) i principi sono le convinzioni più profonde dell'organizzazione che ne derminano il credo. Congiuntamente alla missione e ai valori caratterizzano la cultura aziendale, aiutando l'intero processo comunicativo.
6) i valori guida sono l'insieme di ideali e di qualità nell'ambito morale, intellettuale eprofessionale che determina il senso di appartenenza, l'immagine dell'impresa e la sua reputazione.

giovedì 21 agosto 2008

"Stelle..."


"Se esprimi un desiderio è perché vedi cadere una stella,

se vedi cadere una stella è perché stai guardando il cielo,

se guardi il cielo è perché credi ancora in qualcosa."

Bob Marley

domenica 17 agosto 2008

"Team"


"Mettersi insieme è un inizio,

rimanere insieme è un progresso,

lavorare insieme un successo".

Henry Ford

martedì 12 agosto 2008

"Il tempo..."


Ormai nella vita di tutti i giorni il tempo sembra sfuggirci, e la frase che si sente spesso è "non ho tempo", oppure "quando andrò in ferie avrò tempo per..." ebbene si per molti è tempo di vacanze e ferie, ma pare che quando si rientra un'altra frase tipica è "queste ferie sono volate", "non mi è bastato il tempo per...". E' troppo facile incolpare il TEMPO, ma in definitiva non siamo noi a gestirlo?
Cos'è il tempo? "...se nessuno me lo domanda, lo so; ma sedevo spiegarlo a qualcuno non ne sono più capace". Questa è l'idea di Sant'Agostino sul tempo.
Il tempo è un concetto fisico che viene utilizzato per stabilire la contemporaneità o l'ordine di una serie di eventi. Il tempo si misura con il calendario e con l'orologio: si misura in anni, mesi, settimane, giorni, ore, minuti e secondi. Per meglio approfondire l'argomento prendo spunto da un libro (letto) e da una convention (ascoltata) qualche anno fa proprio dagli autori: i coniugi Varvelli

Tratto da: "Saper gestire il tempo" di Laura Varvelli e Luca Varvelli

"Un tale che passeggiava tra gli alberi incontrò un boscaiolo intento a segare un tronco con grande fatica. Curioso di scoprire come mai fare a pezzi una pianta caduta costassee tanto sudore, il tale si avvivinò, stette un pò ad osservare e poi disse: "potrò sbagliare, ma mi sembra che la tua sega tagli poco. Che ne diresti di appuntirle i denti?" Il boscaiolo tra un respiro affannoso e l'altro rispose brusco: "non ho tempo, devo segare". Così narra un racconto canadese.
Ognuno ritiene di fare buon uso del proprio tempo, semplicemente occupandolo. Pochi si soffermano sul reale utilizzo che ne fanno perchè è scarsa l'abitudine all'autoanalisi; molti si soffermano sull'utilizzo che gli altri fanno del loro tempo, criticando il modo in cui lavorano o "passano" il tempo. Alcuni, infine, decidono, di punto in bianco, di darsi regole e metodi e stilano decaloghi di comportamento che iniziano con "...da domani mi impegnerò a..." e proseguono con dieci punti che verranno disattesi. Dall'indomani.
Per migliorare qualunque cosa - un comportamento, una procedura, un'abitudine - si deve, innanzitutto, conoscere il punto di partenza, poi fare un passo indietro per cercare di trovare soluzioni e risposte coerenti, sarebbe un errore passare subito all'azione. La sequenza corretta è: misura e conoscenza della situazione; e infine scelta delle azioni da intraprendere per migliorare la situazione.

RIAPPROPRIARSI DEL PROPRIO TEMPO - Tutto ciò che è prezioso, o scarso, costa. Anzi, proprio perchè scarso (oro, platino, diamanti) costa. Anche il tempo costa. E' un costo gestirlo, prevederlo, programmarlo. Se pensiamo che questi costi siano inevitabili, li somatizziamo in modo negativo, ci adattiamo a vivere in modo passivo - da prigionieri - sminuendo la nostra personalità. Consumiamo più energia del dovuto e scarichiamo le nostre batterie. E, nella peggiore delle ipotesi, facciamo pagare ad altri questa nostra difficoltà. Se, invece, impariamo a conoscere i costi del tempo, a ri-conoscerli e controllarli con metodo e disciplina; se riusciamo a soffrire con equilibrio, a ricostruire il nostro capitale energetico, potremo diventare i veri padroni del nostro tempo. Saremo noi a gestire il tempo e non saranno gli eventi a gestirci.

"Trova il tempo di lavorare: è il prezzo del successo;
trova il tempo di riflettere: è la fonte della forza;
trova il tempo di giocare: è il segreto della giovinezza;
trova il tempo di leggere: è la base del sapere;
trova il tempo di essere cortese: è la strada della felicità;
trova il tempo di sognare: è il sentiero che porta alle stelle.
Trova il tempo di essere contento è la musica dell'anima".
(detto Irlandese)

lunedì 4 agosto 2008

"Il valore dell'equipaggio"


"Se vuoi costruire una nave,
non far raccogliere
ai tuoi uomini pezzi di legno,
ma trasmetti loro la nostalgia del mare infinito"
(Antonie de Saint-Exupéry)

Tratto dal libro "IL VALORE DELL'EQUIPAGGIO" di Franco D'Egidio
Le grandi scoperte del passato sono state il frutto della capacità di sognare di grandi uomini, che sulle loro navi solcavano i mari alla scoperta dell'ignoto.
Non tutti tornarono, certo, ma molti si conquistarono grande fama. Nessuno però attribuirebbe oggi i loro successi esclusivamente alle loro navi. Colombo sarebbe riuscito nella sua impresa probabilmente anche con altre navi. In ogni caso la tecnologia per costruire quelle navi e le capacità tecniche dei progettisti e dei carpentieri erano certo importanti, ma come supporto per la realizzazione del sogno di questi grandi esploratori.
E' altresì vero che Colombo non sarebbe mai arrivato in America senza il contributo determinante dei suoi equipaggi, quel lavoro silenzioso che sta dietro ogni importante traguardo raggiunto dall'uomo. Le navi solcavano il mare con le stesse difficoltà con cui le aziende affrontano oggi il mercato, turbolento, mutevole, difficile. Purtroppo con una grande differenza. La maggior parte delle organizzazioni odierne e in particolare dei loro equipaggi è inadeguata e impreparata ad affrontare il mare. Solo un profondo cambiamento e l'interiorizzazione profonda da parte dei manager di quantò affermò Saint-Exupéry sarà possibile vincere le sfide del futuro e sopravvivere alla tempesta continua del cambiamento.

L'Equipaggio al centro del viaggio: il valore delle persone

Nei tempi avventurosi dei viaggi via mare, i capitani avevano particolare cura non solo nella scelta della nave, nell'esaminare il suo stato, ma anche nella scelta degli uomini che sarebbero dovuti salirvi a bordo. Dal diario del capitano McCowan, ufficiale della marina inglese del XVII secolo, possiamo leggere:
"Questa nave è perfetta. Il legname con cui è stata costruita è di prim'ordine. Un vero miracolo dell'ingegneria dei cantieri di Sua Maestà [...]. Per vincere i venti che sfideranno le robuste vele di questo naviglio il legno e la tela non basteranno. Occorrono uomini veri, abituati al lavoro, capaci di affrontare le privazioni che il mare ci pone innanzi [...] uomini che condividano il grande sogno di raggiungere il porto, e che con la loro volontà, è l'aiuto della grazia di Dio, spingano questa nave verso il nostro lido [...] perchè laddove il mare è in bonaccia, oppure è in tempesta, può più la volontà dei migliori uomini, che la resistenza del miglior legno contro le forze della natura!"

Il grande intuito del capitano è fondamentale. Una grande nave può essere costruita nel modo migliore, può incorporare i migliori e più avanzati ritrovati della tecnologia, ma senza le persone giuste non andrà molto lontano. L'equipaggio è l'elemento vitale. Così è l'impresa, l'organizzazione, la nave su cui ci apprestiamo a compiere il viaggio che assicura la prosperità del nostro futuro. I capitani che consideravano gli uomini solo alla stregua di schiavi cui imporre i ritmi del lavoro di mare, spesso di fronte alle difficoltà, alle lunghe bonacce o alle terribili tempeste, hanno dovuto affrontare l'estrema rivolta dell'equipaggio, l'ammutinamento. Viceversa i capitani dotati di vera leadership, capaci di trasferire il loro sogno all'equipaggio, hanno sempre raggiunto la meta prefissata.
Così nelle aziende un management capace e dotato di leadership riconosce subito l'importanza delle persone e riesce a trasferire loro il sogno da raggiungere. Dopotutto, l'etimologia stessa del termine "impresa" sottolinea il rischio, l'attività quasi avventurosa per il raggiungimento di un obiettivo di elevato valore.
Investire nelle persone significa applicare alla lettera l'insegnamento del grande sociologo ed economista italiano Wilfredo Pareto: "le persone, in un'azienda, sono il 20% che ottiene l'80% dei risultati. Invece troppo spesso le aziende investono unicamente in sistemi, processi, strutture, organizzazione: l'80% che porta solo al 20% del risultato".Da qui l'esigenza di focalizzarsi sull'equipaggio, sulle persone che consentono di fatto il successo del viaggio che ci accingiamo a compiere.

lunedì 28 luglio 2008

"Vela Bianca"



Oggi voglio segnalarvi un libro molto bello e profondo che ho letto un po di tempo fa "Vela Bianca". Lo faccio suggrendolo e dedicandolo a due amici di Rimini, Manuela e Daniele che si sono trovati e faranno un percorso simile a quello dei due proptagonisti: hanno preso una barca malandata dalla Sicilia e con tanta cura, tempo, passione e amore l'hanno fatta tornare a solcare i mari dell'adriatico (ed ora potete ammirarla qui di fianco), il nome che hanno scelto per la loro barca è "Seabiscuits" ed è tratto dal titolo di un film (E' la bella storia di un cavallo ritenuto brocco, di un fantino infortunato, di un imprenditore sfortunato che insieme...beh,il finale merita e lo lascio al film) spero presto di poterci salire a bordo. Grazie amici e buona navigazione.

VELA BIANCA
TRAMA: Perdere tutto o ritrovare se stessi a contatto con la natura dei mari del sud. E' questa la scommessa di Michael e Gail. Sposati da otto anni e intrappolati in un'esitenza banale, lottano contro un naufragio individuale e il fallimento del loro rapporto. Un giorno si decidono al grande passo: lasciarsi tutto alle spalle impegnando non solo i risparmi di una vita, ma anche i loro giorni, su una barca, VELA BIANCA, che li porterà verso terre non segnate sulle mappe nautiche, nell'incanto dell'emisfero australe dove l'azzurro del cielo si stempera nelle mille sfumature blu dell'oceano. A bordo della casa galleggiante porteranno con se una piccola scatola, donata loro da un vecchio libraio di Auckland, con la promessa di aprirla solo in mare aperto. Con il passare dei giorni, i due si accorgeranno del tesoro che hanno tra le mani: il paradiso è dentro di noi stessi, ma non sempre si ha il tempo e la voglia di ascoltarsi. Un viaggio dell'anima che parte dalla Nuova Zelanda, e arriva dritta al cuore di ogni lettore: se è l'atteggiamento mentale quello che conta, è possibile diventare uomini e donne nuovi a ogni età, a patto di restare padroni dei propri sogni e folli al punto di inseguirli.

Tratto da “VELA BIANCA” di Sergio Bambaren
"...Abbracciai Gail in silenzio, senza sapere esattamente che cosa il futuro avesse in serbo per noi, ma con la certezza che avremmo sempre potuto contare l’uno sull’altro, sul nostro amore, e sulla nostra nuova consapevolezza della vita.
Fu in quel momento che sentii una voce dentro di me.
Il sole cominciò a scomparire dietro l’orizzonte, invadendo il cielo di un’esplosione di colori. Gail e io restammo seduti in silenzio a guardare il mondo intorno a noi. Non eravamo più dei ragazzi, ne ancora due vecchi, ma non aveva importanza. Come sa fare chi è molto giovane o molto vecchio, avevamo finalmente imparato a stare seduti uno accanto all’altra senza dire niente, contenti solo di stare vicini. Adesso eravamo una cosa sola, e insieme formavamo qualcosa di veramente grande. E mentre continuavo a scrivere, udii un bisbiglio giungere dal mare: Che la vostra vita sia meravigliosa!"

Sergio Bambarén è un autore australiano, nato in Perù e vissuto molti anni negli Stati Uniti. Esperto surfista, sensibile alle battaglie ecologiste per la salvaguardia dei mari, ha scritto libri di grande successo, che evocano promontori sconosciuti, brezze d'oceano e cieli d'un azzurro assoluto. E' stato in Portogallo, in una meravigliosa spiaggia circondata da foreste di pini chiamata Guincho, che Sergio Bambarén ha scoperto il significato profondo dell'esistenza e ha trovato un amico davvero speciale: un delfino solitario che gli ha ispirato il primo romanzo, "Il Delfino", pubblicato a sue spese nel 1996.Improvvisamente ogni cosa è cambiata nella sua vita: in Australia Il Delfino ha venduto più di 60.000 copie. Attualmente è stato tradotto in più di 25 lingue comprese il russo, il cantonese e lo slovacco.La conoscenza dell'ambiente marino e la volontà di salvaguardare i cetacei, hanno reso Sergio Bambarén vice-presidente dell'Organizzazione Ecologica Mundo Azul (Blue World), e lo hanno spinto a viaggiare continuamente, nello sforzo costante di preservare gli oceani e le creature che li abitano.