(tratto da corriere.it di Elmar Burchia) CANOTTAGGIO - MOMENTI OLIMPICI: APPLAUSI PER L'AFRICANO SOLO AL TRAGUARDO - Quando l'importante è partecipare: il nigeriano Issaka taglia il traguardo del singolo a 2 minuti dal vincitore.
MILANO - Da solo al traguardo. Sì, perchè tutti gli altri sono già passati da un pezzo. Lui è entrato nei cuori del pubblico olimpico: Hamadou Djibo Issaka, 35 anni, del Niger. Domenica è andato alla partenza nella gara di canottaggio singolo, uno sport che ha imparato in soli tre mesi di corso intensivo. È arrivato ultimo, quasi due minuti dal vincitore. Ma gli applausi e il tifo sono stati tutti per lui.
L’IMPORTANTE È... - Sono i personaggi «senza speranza» come il saltatore inglese Eddie Edwards, «l’Aquila», e il nuotatore della Guinea Equatoriale Eric Moussambani, «l’Anguilla», ad ispirare fan e sportivi alle Olimpiadi. Il primo è diventato un personaggio amato perché nel salto con gli sci finiva ultimissimo, ma la gente andava in massa per vederlo e applaudirlo. Il secondo è entrato nella storia dei Giochi perché arrivato a più di un minuto dal vincitore dei 100 stile libero a Sydney nel 2000. Anche Londra ha il suo «eroe esotico». Nella gara di canottaggio singolo maschile sul Dorney Lake di Eton, è stato infatti il rappresentante del Niger a finire all’improvviso al centro di tutta l’attenzione dei 20 mila presenti sulle tribune. È uno di quelli per cui vale il motto: l’importante è partecipare (con spirito vincente). Non ha mai preso parte a competizioni internazionali, è arrivato a Londra grazie a una «wildcard» riservata agli atleti provenienti da paesi in via di sviluppo. Anzi, a dir la verità il 35enne ha iniziato a muovere i remi appena tre mesi fa.
LA PROVA - «Forza, dai che ce la fai!», grida dai microfoni lo speaker sportivo. Issaka, infatti, è ancora in acqua quando gli avversari hanno già da tempo tagliato il traguardo.Con una tecnica tutta sua e unendo le ultime forze riesce a terminare la gara in 8:39,66 minuti. Quasi due minuti più lento del vincitore, il lituano Mindaugas Griskonis. Issaka ha confidato ai giornalisti di essere sicuro che la sua performance a Londra potrebbe segnare l'inizio di una nuova era per il canottaggio nel suo Paese.
RIPARTIRE DALL'ALTRO BRACCIO PER AMORE DEL TENNIS TAVOLO: LA SFIDA (VINTA) DI NATALIA - La polacca Pratyka: "Volevo sfidare le normodotate".
LONDRA – Natalia ha una tecnica tutta sua. Pallina nel solco dell’avambraccio, colpo secco per lanciarla in aria e poi, via, a capofitto dentro il tic-toc ossessivo di quel videogioco in avanzamento veloce chiamato tennis tavolo (se a Londra 2012 vi azzardate a dire ping pong, minacciano di strapparvi il pass olimpico dal collo). Non c’è solo Oscar Pistorius. C’è, dalla Polonia con furore, Natalia Partyka, nata in Pomerania 22 anni fa per stupire senza la mano e l’avambraccio destro, mancina per forza e non per scelta, bravissima a destreggiarsi tra Paralimpiadi (oro ad Atene) e Olimpiadi, sempre con le perle ai lobi e un bel sorriso biondo, come lo è ogni storia di disabilità calata nella rassicurante normalità di uno sport. Natalia, certo, si fa notare. A Pechino, nel 2008, insieme alla nuotatrice sudafricana Natalie Du Toit (senza una gamba), si divise tra «table tennis» paralimpico e olimpico, tornando in Polonia con un rotondissimo oro zecchino. Nel suo Paese, tra calciatori ambiziosi e tenniste di successo (Radwanska finalista a Wimbledon), è una piccola celebrità. Qui a Londra è oggetto di curiosità, ma a lei non importa. «Il mio sogno era sfidare una normodotata su un grande palcoscenico». Ha battuto la danese Skov 4-3. E poi c’è ancora qualcuno che non crede alle favole?
"Se tu hai una mela, e io ho una mela, e ce le scambiamo, allora tu ed io abbiamo sempre una mela per uno. Ma se tu hai un'idea, ed io ho un'idea, e ce la scambiamo allora abbiamo entrambi due idee".
Parto da una famosa citazione: "Fa più rumore un albero che cade, che una foresta che cresce"; nel senso che fa più notizia "audience" un evento negativo e catastrofico piuttosto che eventi carichi di positività ed ottimismo.
Nella nostra quotidianità, veniamo assaliti dai mass media che ci sbattono in faccia stragi, guerre, violenze di ogni tipo, ecc. Episodi di ottimismo e positività, storie a lieto fine che non fanno "audience" vengono rilegate a fine notiziario o in altre rubriche minori, oppure affidate al web... Così, molte storie che meriterebbero più spazio vengono conosciute solo da pochi...
...Ed è quello che è successo con la storia/film che vi presento oggi.
Il titolo è "Qualcosa di straordinario" (titolo originale "Big Miracle"), storia vera, accaduta nel 1989 negli Stati Uniti (Alaska), e che il regista Ken Kwapis ha portato sul grande schermo, e narra la storia di tre balene intrappolate nel ghiaccio del polo nord.
Il film, sicuramente privo di budget pubblicitari importanti, come previsto non ha sbancato i botteghini, ma si è fatto conoscere attraverso il passaparola, che oggi, grazie ad internet è sicuramente più veloce. Io stesso ho saputo della sua esistenza qualche settimana fa, andando a vedere i titoli dei DVD in uscita ed ho avuto il piacere di vederlo proprio oggi.
Una storia, che se vogliamo è anche un pò "paradossale": ambientata in una società (la nostra) che uccide gli animali alcune volte per piacere, distrugge l'ambiente e la natura, inquina, e si muove per convenienze politico-economiche.
Le balene vengono aiutate e salvate non perchè siano creature viventi e quindi era giusto adoperarsi per salvarle, ma, purtroppo, per una serie di circostanze di interessi vari.
La storia e la vicenda sono state strumentalizzate da diverse figure: i mass media che aumentando l'audience incassavano maggiori introiti pubblicitari (ad onor del vero devo dire che è grazie è grazie ad un reporter che le balene si sono potute salvare), le amministrazioni dello Stato dell'Alaska e degli Stati Uniti che si sono "ripulite la faccia" con l'opinione pubblica, la società petrolifera che ha finanziato in parte l'operazione di salvataggio ha avuto un ritorno pubblicitario ed un miglioramento della propria reputazione.
E, come spesso accade, purtroppo, i "veri eroi" hanno continuato a lottare lontano dai riflettori, al fine di dare una speranza di vita a questi giganti del mare.
Ma non è il tempo delle polemiche, la cosa importante è che tutti insieme siano riusciti nella sfida più importante: liberare le balene dal ghiaccio e salvarle da sicura morte.
Con la speranza che questa storia ci faccia scoprire e valorizzare sempre più le tante storie positive che quotidianamente ci sono nel mondo ed ognuno di noi, deve impegnarsi a farle conoscere a tutti.
Grazie, buona lettura e buona visione.
IL FILM: (tratto da:mymovies.it) Alaska, 1989. In uno dei luoghi più freddi della punta Nord degli Stati Uniti, un reporter televisivo scopre casualmente tre balene rimaste intrappolate sotto una lastra di ghiaccio durante una migrazione. La lastra è troppo lunga per essere percorsa sott'acqua ed ha un solo buco dal quale i cetacei possono emergere a prendere fiato. Il servizio realizzato per un canale televisivo locale si rivela un successo tale da attirare sul luogo tutti i canali televisivi nazionali, imprenditori spietati diventati amici dell'ambiente per l'occasione e addirittura una rompighiaccio sovietica, grazie all'intervento del presidente Reagan. Tutto per cavalcare l'interesse di una nazione intenerita di fronte alla sorte di tre balene.
A partire dalla vera storia che paralizzò il popolo e quindi i media statunitensi per giorni, congelati sulle immagini di balene in lotta per la vita, Ken Kwapis realizza un film che, nel ripercorrere la cronistoria di una passione e salvazione animale, racconta anche una nazione in cui televisioni locali e nazionali scandiscono i tempi della politica e della società. Ma lo fa senza convinzione.Senza cercare di deviare in nulla dalla struttura narrativa classica hollywoodianaQualcosa di straordinario, vuole assolutamente essere ordinario. Il film romanza con poca audacia e contemporaneamente poca ricerca di una fedeltà estrema ai fatti (nonostante alla fine del film compariranno i volti dei veri protagonisti accanto a quelli degli attori che li hanno impersonati), una storia ben nota al suo pubblico primario, cioè quello statunitense. Non è infatti la corsa verso il finale o il lento concedere informazioni sui fatti ripresi il centro diQualcosa di straordinario, quanto tutto ciò che si è creato a latere dell'evento.Se la sorte delle balene è infatti già nota, meno lo è il modo in cui queste furono salvate. Con un atto di cinema d'inchiesta di rara timidezza, Qualcosa di straordinario muove passi flebili nel terreno della critica ai media, chiedendo scusa in ogni momento per quel che fa. Per ogni prospettiva obliqua sulla doppia morale dei network televisivi, sull'indugiare nel tragico e il rimestare nel morboso, viene mostrato anche quanto di bene abbiano fatto. Eppure, lungi dall'essere una ricerca di (sempre necessaria) complessità, questa doppia tensione si risolve solo in un pavido rigurgito di rabbia.Se il finale, lo svolgimento e tutte le dinamiche che il film mette sullo schermo sono note e (cosa più grave) sono già state filmate dalla televisione, cosa resta da raccontare alle immagini del cinema? A questa domanda Ken Kwapis, regista prevalentemente televisivo (molte stagioni diThe Officee film comeLa verità è che non gli piaci abbastanzain curriculum), risponde senza convinzione, intraprendendo la strada giusta ma senza l'audacia di percorrerla fino in fondo e finendo con l'aggiungere alla cronaca il sentimentalismo più innocuo fatto di ex-fidanzati alla ricerca dell'amore, spietati imprenditori mossi (alla fine) da una vera affezione e dala retorica di un popolo (quello americano) costantemente e calvinianamente unito, oltre ogni differenza etnica, dalla determinazione verso il raggiungimento della vittoria.
Guarda il trailer:
"Anche se sono imponenti e forti, sono così simili a noi. Noi siamo vulnerabili, ci spaventiamo e anche noi, a volte, abbiamo bisogno di aiuto"
"Quando stai per mollare, fermati un attimo a pensa al motivo per il quale hai resistito fino ad ora...Pensa alla meta, non a quanto sia lungo il tragitto. Rimboccati le maniche e non aver paura della fatica. Guardati allo specchio e riconosci quel sognatore che ti sta di fronte. Lotta e combatti. E quando ciò che desideri sarà tuo, porta una mano al cuore e sentirai in ogni singolo battito l'eco di ognuno dei passi che hai compiuto. E se avrai qualche cicatrice non preoccuparti, non c'è vittoria senza una ferita di guerra, non c'è arcobaleno senza la pioggia" (fonte sconosciuta)