Ieri, in una notte d'estate ho visto in dvd un bellissimo film, tratto da una storia vera. Da sempre sono un appassionato di film a sfondo sportivo profondi che lasciano un messaggio, un insegnamento, uno spunto per proseguire il nostro cammino su questa strada chiamata "vita". Questo film è uno di questi, trascinando da una grandissima Sandra Bullock. Che dire di più buona lettura e buona visione...
tratto da:http://www.mymovies.it
THE BLIND SIDE - Michael Oher, detto Big Mike per la sua imponente statura, è un adolescente della periferia di Memphis, abbandonato a se stesso da un padre sconosciuto e una madre tossicodipendente. Quando un suo amico lo introduce all'allenatore della Wingate Christian School come giovane promessa dello sport, questi fa di tutto perché Big Mike venga accettato dalla scuola a dispetto degli scarsi risultati ottenuti nei test attitudinali. Questo ragazzone di colore solitario e silenzioso che pulisce la palestra dopo ogni incontro sportivo e indossa sempre la stessa t-shirt, attira le attenzioni della famiglia Tuohy e in particolare di Leigh Anne, risoluta arredatrice dal cuore d'oro e dall'abbigliamento impeccabile, che una sera decide di accoglierlo sotto il suo tetto.Il blind side è la “zona cieca” dello spazio visivo, quella parte dell'orizzonte che sfugge anche alla coda dell'occhio e che rappresenta il nostro lato indifeso, quello più esposto ad un possibile attacco. In termini di competizione, il cinema americano è quello più attento a non lasciare niente scoperto durante la fase di gioco, ad adempiere con la stessa forza l'attacco e la difesa, la logica dell'intrattenimento e la solidità della struttura. Ma questo istinto a tutelare tanto lo spettacolo quanto la morale ed appagare i sensi così come la coscienza, è il principio di forza di tutte le espressioni della cultura popolare americana, non ultima, ovviamente, quella sportiva. Ed è così che una storia vera ed estremamente recente tratta dalla cronaca dello sport più americano che ci sia, il football, permette di tornare a far splendere il fulgore dell'American Dream. The Blind Side fa uso della stessa metafora che racconta: il gigante buono Michael Oher impara a difendere il quarterback e la sua squadra attraverso la scoperta degli affetti familiari e sfruttando un innato istinto protettivo e una fisicità adatta al ruolo; allo stesso modo il regista John Lee Hancock (Alamo – Gli ultimi eroi, Un sogno, una vittoria) sfrutta la struttura più edificante del cinema istituzionale e l'innata predisposizione del grande pubblico per salvaguardare il suo film da ogni possibile attacco di cinismo o disillusione. Ad un primo tempo più drammatico improntato sulle questioni sociali e sulle sfortune e le miserie di Michael, ne segue un altro riguardante la formazione sportiva del ragazzo e l'integrità dell'umanitarismo alto-borghese della repubblicana e cristiana di ferro Leigh Anne e della famiglia Tuohy.In questo ibrido apertamente piacione fra sguardo minimal-misericordioso à la Sundance e storia mainstream di redenzione sportiva, si rappresenta l'emblema della nuova ideologia repubblicana: un modello aggiornato della vecchia famiglia devota e altruista delle illustrazioni di Norman Rockwell, in cui il padre ex-atleta è proprietario di ristoranti fast food, la mamma ex-cheerleader è un'elegante signora con porto d'armi e i figli sono perfettamente educati e simpatici. In opposizione tanto alla crudeltà patinata di American Beauty quanto al conservatorismo idealista e libertario di Clint Eastwood, la famiglia Tuohy di The Blind Side dimostra la buona fede della propria filantropia e la capacità di scherzare sul proprio credo politico (“Chi l'avrebbe mai detto che avremmo avuto un figlio nero prima di conoscere un democratico?” si domanda ironicamente il padre di fronte alla situazione), ma senza mai apparentemente interrogarsi sulle ragioni che sottostanno alle iniquità sociali contro cui si mobilitano. Anzi, lasciando quasi intendere che ci sia una certa idea di predestinazione nel sogno americano: chiunque merita una possibilità e chiunque può farcela, ma meglio se si è grandi e grossi come Michael o come l'industria del cinema.