Avevo preparato questo post una decina di giorni fa e mai come adesso per noi e le popolazioni colpite dal sisma l'argomento è attuale: cambiamento delle case distrutte o lesionate, del luogo di lavoro che in alcuni casi non c'è più, dello stile di vita delle abitudini , dei luoghi. Buona lettura
Tratto da "Tutta un'altra vita" Lucia Giovannini
PAURA DEL CAMBIAMENTO?
Molte persone si sono talmente abituate al proprio carattere che sono convinte di non poterlo modificare. La maggior parte di noi cambia solo quando non ha altra scelta. Il problema, però, come sostiene il filosofo Ken Wilber, è che se il nostro potenziale è formato diciamo da 100 unità (rappresentate da energia vitale, tempo, pensieri, comportamenti) e noi ne utilizziamo 40 per soddisfare finti bisogni di vecchie parti della nostra personalità, disporremo di solo 60 unità per il nostro sviluppo e la nostra evoluzione. E' questo ciò che vogliamo? Perchè allora temiamo tanto il cambiamento?
SERVIZIO IN CAMERA 24 ORE SU 24
Per nove mesi viviamo nella pancia di nostra madre dove usufruiamo di un servizio in camera 24 ore su 24. Senza nemmeno bisogno di domandare, ciò di cui abbiamo bisogno ci viene servito direttamente: siamo al caldo, abbracciati dal liquido amniotico che ci culla e ci protegge e riceviamo tutto il nutrimento necessario. Poi improvvisamente arriva il momento di uscire. Spesso non siamo pronti a farlo e ci troviamo spinti in un canale stretto e disagevole: nessuno ci ha spiegato come, ma dobbiamo attraversarlo. Non è un momento facile.
Dopo aver superato questa prova snervante finiamo in un luogo che per noi è freddo, le luci ci feriscono gli occhi che sono abituati all'oscurità, l'aria che entra per la prima volta in gola brucia come fuoco, contatto fisico che abbiamo tanto amato non è più garantito. Non siamo certi di poter sopravvivere, riusciremo a procurarci cure e nutrimento?
Questo è il nostro primo grande cambiamento della nostra vita: si stava decisamente meglio prima! Frédérick Leboyer, esperto di parto naturale, sostiene che nascere è come sbarcare sulla luna senza nessuna preparazione. E ci siamo passati tutti. Non c'è da stupirsi se quando pensiamo al cambiamento proviamo una certa preoccupazione.
La convinzione che la maggior parte di noi si è creata è: "Il cambiamento fa male, è scomodo, doloroso". Non c'è dubbio che siamo spinti ad evitarlo. Nascendo ci separiamo fisicamente dal corpo materno, quindi il cambiamento incosciamente è spesso associato anche alla separazione, alla rottura.
Per questo la maggior parte delle persone piuttosto che provare la pena e l'incertezza del distacco preferisce restare aggrappata a situazioni conosciute anche se disfunzionali: un vecchio lavoro, una relazione, un'abitudine. Lanciarsi verso il nuovo significherebbe recidere il cordone ombellicale e sentire ancora quel dolore e quella forte paura.
Immaginate come sarebbe affrontare il cambiamento se la nostra credenza fosse: "il cambiamento è facile e divertente", "il cambiamento porta unione e completezza", "nel cambiamento sono completamente al sicuro", "ogni volta che cambio, cresco e mi miglioro". Sarebbe diverso?...
PAURA DEL CAMBIAMENTO?
Molte persone si sono talmente abituate al proprio carattere che sono convinte di non poterlo modificare. La maggior parte di noi cambia solo quando non ha altra scelta. Il problema, però, come sostiene il filosofo Ken Wilber, è che se il nostro potenziale è formato diciamo da 100 unità (rappresentate da energia vitale, tempo, pensieri, comportamenti) e noi ne utilizziamo 40 per soddisfare finti bisogni di vecchie parti della nostra personalità, disporremo di solo 60 unità per il nostro sviluppo e la nostra evoluzione. E' questo ciò che vogliamo? Perchè allora temiamo tanto il cambiamento?
SERVIZIO IN CAMERA 24 ORE SU 24
Per nove mesi viviamo nella pancia di nostra madre dove usufruiamo di un servizio in camera 24 ore su 24. Senza nemmeno bisogno di domandare, ciò di cui abbiamo bisogno ci viene servito direttamente: siamo al caldo, abbracciati dal liquido amniotico che ci culla e ci protegge e riceviamo tutto il nutrimento necessario. Poi improvvisamente arriva il momento di uscire. Spesso non siamo pronti a farlo e ci troviamo spinti in un canale stretto e disagevole: nessuno ci ha spiegato come, ma dobbiamo attraversarlo. Non è un momento facile.
Dopo aver superato questa prova snervante finiamo in un luogo che per noi è freddo, le luci ci feriscono gli occhi che sono abituati all'oscurità, l'aria che entra per la prima volta in gola brucia come fuoco, contatto fisico che abbiamo tanto amato non è più garantito. Non siamo certi di poter sopravvivere, riusciremo a procurarci cure e nutrimento?
Questo è il nostro primo grande cambiamento della nostra vita: si stava decisamente meglio prima! Frédérick Leboyer, esperto di parto naturale, sostiene che nascere è come sbarcare sulla luna senza nessuna preparazione. E ci siamo passati tutti. Non c'è da stupirsi se quando pensiamo al cambiamento proviamo una certa preoccupazione.
La convinzione che la maggior parte di noi si è creata è: "Il cambiamento fa male, è scomodo, doloroso". Non c'è dubbio che siamo spinti ad evitarlo. Nascendo ci separiamo fisicamente dal corpo materno, quindi il cambiamento incosciamente è spesso associato anche alla separazione, alla rottura.
Per questo la maggior parte delle persone piuttosto che provare la pena e l'incertezza del distacco preferisce restare aggrappata a situazioni conosciute anche se disfunzionali: un vecchio lavoro, una relazione, un'abitudine. Lanciarsi verso il nuovo significherebbe recidere il cordone ombellicale e sentire ancora quel dolore e quella forte paura.
Immaginate come sarebbe affrontare il cambiamento se la nostra credenza fosse: "il cambiamento è facile e divertente", "il cambiamento porta unione e completezza", "nel cambiamento sono completamente al sicuro", "ogni volta che cambio, cresco e mi miglioro". Sarebbe diverso?...